Uno studio socio-urbanistico rivela come la vicinanza tra le stazioni di bike sharing e la disponibilità dei mezzi parcheggiati al loro interno influenzino il sistema di condivisione delle biciclette. E non di poco. 

Contestualizzare il bike-sharing

Il bike sharing è un meccanismo molto potente che purtroppo non funziona in tutte le città allo stesso modo. Su alcune è piuttosto facile inserirlo a causa di una loro predisposizione culturale e morfologica, su altre si incontrano invece diverse difficoltà, anche innescate da decisioni progettuali sbagliate.

Un tipico errore consiste nel mettere il carro davanti ai buoi: introdurre il bike-sharing senza una preventiva analisi urbanistica che faccia emergere le sue affinità con il luogo nel quale andrebbe ad inserirsi è una mossa falsa che potrebbe “bruciarlo”. Se il traffico e il tessuto urbano sono complicati bisognerà prima costruire le piste ciclabili e solo dopo inserire il bike sharing. Lo stesso discorso vale per il free-floating: il fatto che venga spesso adottato purtroppo non significa che si può usare ovunque (soprattutto se parliamo di biciclette). 

Una oBike vittima del vandalismo a Roma – via flickr.com

Lo studio

Karan Girotra e Elena Belavina, professori universitari del Cornell SC Johnson College of Business hanno recentemente pubblicato una ricerca uscita su Science Daily, nella quale viene analizzato il tema del bike-sharing allo scopo di trovarne i punti critici che maggiormente lo penalizzano.

Il loro lavoro si è basato soprattutto sullo studio del Vélib di Parigiil più grande bike-sharing fuori dalla Cina con circa 17.000 biciclette e 950 stazioni – durante quattro mesi del 2013, un periodo che includeva quasi 4,4 milioni di viaggi. I dati hanno fornito istantanee sull’utilizzo del sistema ogni due minuti, mostrando i mutamenti dei flussi di utenza nel tempo.

Velìb a Parigi – via flickr.com

I ricercatori hanno incrociato queste informazioni con i dati riguardanti le abitudini di spostamento, le condizioni meteorologiche, le posizioni dei principali punti di interesse, nonché la densità di popolazione nei diversi distretti cittadini.

 

Il principale problema 

E’ emerso soprattutto un dato interessante. Il modello ha stabilito chi si trova a circa 300 metri da una docking station ha il 60% di probabilità in meno di utilizzare il servizio rispetto a qualcuno di invece più vicino. La percentuale aumenta con ogni metro aggiuntivo, fino a toccare l’alta improbabilità per un individuo che si trova a 500 m di distanza

Al problema della distanza si aggiunge quello della copertura: se l’utente raggiunge la stazione ma questa è sprovvista di mezzi, è sempre altamente improbabile che vada verso la successiva.

Non sorprende che si vogliano stazioni il più possibile vicine, ma questa distanza è molto minore di quanto la maggior parte degli urbanisti e dei progettisti dei sistemi di condivisione pensasse.

 

Come risolvere

Le scoperte di Girotra e Belavina implicano che, a parte alcune grandi stazioni nei principali snodi, le città e gli operatori di bike sharing dovrebbero sforzarsi di creare reti più dense con stazioni più piccole ma più diffuse, avendo cura di tenerle sempre rifornite.

Non è quest’ultima una notizia nuova: come dicevamo in un altro articolo “alcune zone della città con molta affluenza di utenti, rimangono sprovviste in breve tempo di biciclette“, un problema che i newyorchesi stanno provando a risolvere con i Bike Angels e la gamification.

Il programma Bike Angels di Citi Bike, il servizio di bike sharing di New York – screenshot from bikeangels.citibikenyc.com

Secondo lo studio, un aumento del 10% della disponibilità di biciclette farebbe aumentare il numero di passeggeri di circa il 12%,  grazie ad un circolo virtuoso innescato da una maggiore fiducia nel sistema.

Se si vogliono vedere gli effetti del bike sharing bisogna sostanzialmente garantire una distribuzione dei mezzi costante ed omogenea. Forse costa, ma è un sacrificio che si ripaga in breve tempo, e non solo dal punto di vista economico.

I passaggi punto per punto

Riassumendo, i passaggi per creare un sistema di bike sharing corretto si possono così schematizzare:

  • Condurre un’analisi socio-urbanistica funzionale all’introduzione di un sistema di bike sharing
  • Individuare i punti di interesse principali e secondari nel tessuto urbano, monitorandone i flussi di transito nel tempo
  • Creare una rete composta da questi punti
  • Inquadrare e verificare i collegamenti in chiave ciclistica da un punto all’altro, soprattutto tra quelli principali
  • Definire tale collegamenti e renderli fruibili per la biciclette ove necessario
  • Individuare i punti nella rete a non più di 500 m di distanza l’uno dall’altro
  • Pianificare un sistema per l’uniforme redistribuzione delle bici
  • Nei punti individuati progettare microstazioni con pochi posti bici, alcuni dedicati al ciclismo privato

Il free-floating per biciclette va utilizzato con cautela; non sempre ci sono le condizioni civiche per introdurlo e sarebbe sbagliato usarlo con troppa leggerezza.