Gravel, una specialità in grande crescita che coinvolge ed appassiona molti ciclisti. Moda, tendenza o solo fenomenno del momento?
Il mondo gravel
Nelle nostre uscite in MTB incontriamo sempre più spesso degli avventurosi che si cimentano sui percorsi sterrati con le gravel. Premettiamo subito, a scanso d’equivoci, che la mountain bike non ha nulla a che fare con la gravel, sono due tipologie di bici completamente diverse soprattutto per quello che concerne la nostra idea di “fuori strada”. Non ce ne vogliano i ciclisti che si stanno appassionando a questa specialità nella quale bisogna pur sempre pedalare (e sulle quali è anche molto divertente, non lo mettiamo in dubbio), ma “menare” con una front o una full è tutta un’altra cosa. Quello che però ci esprime e trasmette la gravel bike è sicuramente un’idea di leggerezza mentale, di libertà, di viaggio, di potersi muovere serenamente negli spazi – sia su strada che off road – in totale sicurezza.
Mettiamo a posto le idee
Il gravel non è altro che la derivazione immediata e turistica della più nobile (e durissima, ci teniamo a sottolinearlo) disciplina del ciclocross, pratica ciclistica molto diffusa nel nord Europa (Paesi Bassi, Svizzera e Germania) con una nicchia di buon livello agonostico anche in Italia. Ed è proprio nel termine “agonistico” che, a nostro avviso, si trovano le differenze principali tra le due categorie di biciclette.
Il ciclocross si pratica quasi esclusivamente in pista a circuito su sterrati compatti, prati verdi, su fondi spesso anche sabbiosi o infangati (come si evince dalla foto di Swiss Cycle qui sotto riportata). Ci si allena per correre – prevalentememente in autunno/inverno – quando la stagione su strada termina e molti ciclisti continuano con il ciclocross per restare in forma e “non perdere la gamba”, come si usa dire in gergo. Sono un classico esempio due giovani fenomeni come l’olandese Van Der Poel o il belga Van Aert, atleti polivalenti e completi, vincenti su ogni tipo di terreno o di specialità. Il gravel, invece, ha un approccio molto diverso, di chiaro stampo turistico al punto che le bici possono essere accessoriate con fissaggi per portapacchi, borse, zaini e tende; tutto per poter affrontare avventurosi viaggi ahe di più giorni in cerca di zone incontaminate nel bel mezzo della natura. Se poi si volesse deviare su strada o su paesaggi di interesse artistico e culturale (come, per esempio, visitare il centro storico di una bella città) nessun problema, con una gravel bike si va ovunque, basta pedalare.
Da cosa si distingue una gravel bike?
Di primo acchito un telaio gravel non pare molto differente da un telaio stradale tranne che nel raggio più ampio degli angoli dei punti di giunzione (sterzo, nodo sella e movimento centrale), al fine di favorire la comodità di marcia. Negli ultimi anni la tendenza dei produttori è stata quella di immettere sul mercato bici da corsa con sezioni di tubi maggiorati, almeno per quanto riguarda il frame set delle bici “aero”, leggermente più pesanti e aerodinamiche delle agili bici dedicate alla salita. Per le gravel la prima cosa che si nota non sono tanto le sagome dei tubi quanto la dimensione degli spazi tra la forcella ed il carro posteriore; una soluzione logica se si vogliono alloggiare robusti cerchi con coperture più larghe (solitamente tubeless dai 34 fino anche ai 45 mm), scolpite ai lati con tasselli in rilievo e con battistrada rinforzanto rispetto allo standard, per favorire grip ottimale e salvaguardare gli pneumatici dalle forature.
Il cambio e i componenti
Come è ovvio che sia per il segmento gravel sono stati adattati e rivisti tutti i componenti che allestiscono il telaio sia esso in carbonio, alluminio, acciaio o titanio. Quest’ultimo è riservato ad una ristretta cerchi di raffinati utilizzatori ma, essendo costruito ancora artigianalmente e su misura, rappresenta un notevole plus in fatto di comfort incrementandone il valore (e di conseguenza il prezzo) sul mercato.
Direttamente dalla MTB i principali marchi Shimano, Sram ed ora anche Campagnolo con il nuovissimo Ekar, hanno adattato – modificandoli – dei gruppi cambio completi di guarnitura singola o doppia (tendenzialmente viene montata una 46/30) con cassette pignoni 13 velocità che possono arrivare anche fino a 50 denti. Stesso discorso vale per l’impianto frenante a dischi idraulici, indispensabile per garantire sempre decelerazioni perfette anche quando le ruote sono infangate o la guida è resa difficoltosa dal fondo su cui si pedala. In conclusione, a tal proposito, fa specie notare come le “corna” della piega manubrio (in alluminio o carbonio) siano leggermente rivolte verso l’esterno. Ma, all’apparenza proprio per mezzo di questa banale geometria, si ottiene una guida sicura su tutti i percorsi e su ogni superficie.