La smania di elettrificare tutto 

Uno degli effetti provocati dalla pandemia è stato quello di spalancare le porte a quel mondo della sostenibilità basato sul ricorso all’energia elettrica. Prima ancora di averci concretamente avuto a che fare però, il fenomeno è forse già sfuggito di mano. La nuova mania pare sia quella di elettrificare tutto quanto, dagli spazzolini agli aerei. Tutto. La ricerca nel settore degli accumulatori sta infatti letteralmente esplodendo. Non si riesce a stare dietro al fluire di notizie più o meno vere che si rincorrono sul web e ogni novità rende quasi antiquata quella uscita appena il giorno prima. E’ facile comprendere come si stia soltanto spostando il problema anziché risolverlo. L’atteggiamento insostenibile è ancora lo stesso: monocolturale, intensivo, ultraspecifico, laddove la soluzione sarebbe invece esattamente all’opposto. 

Le nuove batterie

Tutto il mondo ha fame di energia e garantirne lo stesso livello ovunque sarebbe una conquista sociale e tecnologica storicamente importante. La premessa per un simile scenario passa però dalla soluzione al noto problema dell’immagazzinamento energetico. Di batterie ne esistono tante e certamente questa si può considerare una diversificazione, utile soprattutto quando va a creare alternative più performanti rispetto a tecnologie ormai datate come quella LiOn (ioni di litio). Proprio il suo creatore, John Goodenough, è riuscito insieme al suo team a creare la prima batteria al vetro, la candidata più promettente tra quelle conosciute come solide. C’è poi quella al grafene, a quanto pare molto vicina al lancio nel mercato. Il problema però è sempre lo stesso: come si produce l’energia che verrà immagazzinata?

John Goodeneugh, 94 anni, creatore della batteria al vetro che dovrebbe essere capace di offrire 1.600 km di autonomia in seguito a 1 minuto di carica_ via news.uchicago.edu

La rinnovabili sono sostenibili? 

La risposta è apparentemente semplice: con le rinnovabili. Non tutti però sono concordi nel ritenere che da sole siano sufficienti. Circola da qualche anno un’immagine estratta dalla tesi di laurea di una studentessa inglese, Nadine May, nella quale viene graficizzata la quantità di superficie da coprire con pannelli solari termici (non fotovoltaici) per garantire il fabbisogno energetico mondiale. Meno del 10% del deserto del Sahara (questa la quantità calcolata) in effetti sembrerebbe poca cosa a fronte dei vantaggi che ne deriverebbero. Anche Elon Musk pare aver studiato il problema e secondo i suoi calcoli 100 gigafactory composte di pannelli solari da 60 GW costruite entro il 2025 basterebbero a ‘defossilizzare’ la domanda di energia entro il 2035. In ogni caso bisognerebbe fare i conti con la reperibilità dei materiali, in particolare del silicio, con la produzione su larga scala e con il trasporto dell’energia.

La famosa immagine della tesi di Nadine May: il quadrato più grande dovrebbe essere la superficie in grado di fornire energia a tutto il mondo_via curioctopus.it

Elettrificare il nulla 

Ipotizziamo però che in qualche modo questi impedimenti vengano superati: cosa accadrebbe? Secondo Woody Hastings, responsabile del programma energetico per il Climate Center della California, il rischio di abusarne fino ad elettrificare anche cose senza senso, aumenterebbe esponenzialmente la richiesta energetica. Si creerebbero circoli viziosi in grado di arricchire colossi tecnologici a scapito dell’ambiente, questa volta con il silenzioso appoggio collettivo giustificato dalla totale dipendenza energetica e dall’idea che si stia sfruttando il paesaggio in modo sostenibile. Per non parlare del rischio black-out, di virus, malfunzionamenti e della perdita di capacità umana manuale. Eppure i sostenitori dell’electrifying everthing esistono e pongono argomentazioni in un certo senso valide.

Akio Toyoda, CEO di Toyota_ via ilfattoquotidiano.it

Vince ancora l’e-bike 

Toyota e Bosch sono tra i primi a mettere in guardia sulle auto elettriche: anche se ci fosse dell’interesse personale dietro le loro affermazioni, è innegabile che le e-cars consumano energia prodotta da qualche parte nel mondo e perpetuano gli stessi problemi di traffico ed incidenti delle loro antenate. L’unico problema che riescono a risolvere quasi al 100% è l’inquinamento acustico, e certamente non è poco.

La soluzione rimane sempre la stessa ed è quella che non vogliamo sentire: dobbiamo abbassare i nostri standard, consumare di meno e utilizzare tecnologie ibride. L’e-bike è il modello a cui ispirarsi per costruire un’alternativa all’allettante ma insostenibile scenario che si prospetta. Bisogna intervenire adesso per fermare sul nascere il rischio del delirio di onnipotenza che potrebbe scaturire dall’electrifying everthing.