Il bike sharing dockless non perde colpi e guadagna un’altra città: si tratta della britannica Milton Keynes, la prima in suolo inglese per la statunitense Lime.

Lime è uno dei più grandi gestori di smart mobility fleet del mondo, partito dagli Stati Uniti, dove conta ovviamente su una copertura territoriale estesissima, poi avventuratosi ben oltre i propri confini nazionali.

Bike sharing dockless: modello che vince non si cambia

La struttura proposta da Lime è sempre la stessa: con una sterlina (1 dollaro negli USA, 1 Euro a Parigi, ad esempio) si sblocca la bicicletta, dopodiché si paga il classico frazionamento temporale, che per Lime vale 15 pence al minuto nello UK, grosso modo 17 centesimi di Euro.

Lo sblocco di una bici a pedalata assistita, chiamata Lime-E, di una LimeBike Smart Pedal Bikes o di un Lime-S Electric Scooter avviene tramite app o codice inviato via sms, mentre per il pagamento Lime ha una partnership globale con PayNearMe, che consente di pagare anche in molti esercizi commerciali convenzionati.

Per chi effettua un primo accesso vengono offerti sconti sul bike sharing dockless, del 95% sulle bici tradizionali e del 50% su quelle elettriche.

bike sharing dockless limebike
photo credit: Tony Webster LimeBike – Dockless Bicycle App via photopin (license)

 

Lo sbarco in Gran Bretagna, altra tappa europea

Lime è molto diffuso negli Stati Uniti, dove conta 106 flotte in altrettante città di 30 Stati su 50 che compongono la nazione a stelle e strisce.

Al di fuori dei propri confini è operativo con il suo bike sharing dockless in Australia, Nuova Zelanda, Canada, Singapore, Messico e Cile, contando Francia, Belgio, Spagna, Svizzera, Austria, Germania, Svezia e Repubblica Ceca tra i Paesi europei.

La Gran Bretagna rientra dunque in un programma di “colonizzazione” del Vecchio Continente che Lime porta avanti, evidentemente con successo.

 

L’Europa è d’altronde stata interessata da servizi simili, come quelli di Ofo e Mobike, sempre basati sullo schema del bike sharing dockless, ossia senza stalli fissi di prelievo e riconsegna.

Un modello che ha dei vantaggi ma anche diversi punti a sfavore, soprattutto in termini di ordine pubblico per via del vandalismo che le bici subiscono – spesso rubate smontando il gps di bordo – e della maleducazione di quanti abbandonano i mezzi a casaccio lungo strade, marciapiedi o, peggio, disfandosene con un bel lancio in un fiume (i navigli di Milano ne sanno qualcosa).

Tutti motivi per i quali non si è ancora capito se la soluzione dockless sia realmente quella definitiva per una fruizione di massa del bike sharing.