Micromobilità è la parola che identifica meglio di tutte il trend del momento: monopattini, hoverboards ed ebike sono i protagonisti di una lenta – ma nemmeno troppo – rivoluzione del mercato del trasporto privato.

I segnali che qualcosa si stia seriamente muovendo vanno a nostro avviso letti in notizie come l’investimento di 20 milioni di dollari da parte di Denso Corporation sulla start-up Bond Mobilità Inc. 

All’apparenza sembra una notizia lontana dal nostro quotidiano, ma è invece assai significativa.

 

Dall’auto alla ebike?

Più correttamente, oltre l’auto, l’ebike: il ragionamento in atto da diversi anni da parte delle grandi Case automobilistiche, le prime ad essere chiamate in causa nel leggere le trasformazioni del mercato della mobilità personale, mira al superamento del concetto attuale di “mezzo di trasporto.

Dall’auto privata all’auto condivisa, dal considerare il veicolo come un bene “immobile” al vederlo come un “servizio, perché no, mutevole ed opinabile. Dunque integrabile o sostituibile e, qui, entra in gioco la micromobilità oggi tanto in voga nel lessico del settore.

Per micromobilità intendiamo tutti quegli strumenti come bici, bici a pedalata assistita, monopattini (elettrici e non), segway, monowheel ed hoverboard che stanno con una certa rapidità popolando gli usi e costumi non solo degli adolescenti.

Sono tutti mezzi che spostano il concetto di assistenza allo spostamento su di una scala mai considerata prima – specie nel caso di hoverboard e monowheel – ma che è palese costituisca una branca nascente di mercato, oltre che di bisogni indotti nella società.

Dunque, cosa c’entrano Denso e la notizia in testa a questo articolo? 

 

Una corsa per entrare nella micromobilità

Denso è una corporazione che opera negli Stati Uniti in qualità di affiliata di Toyota, il colosso automobilistico giapponese. Si tratta di una vera e propria potenza nell’indotto americano del settore automobilistico, che nel 2017 (dati Book of Lists, Crain, 2019) ha venduto parti di ricambio originali per 9,6 miliardi di dollari, fatturando, a livello globale, 48 miliardi per l’anno fiscale 2018.

L’ultima mossa di Denso, che ha evidentemente molto a che vedere con il mondo delle quattro ruote ma poco con la mobilità alternativa, è stata investire 20 milioni di dollari su di una start-up che sviluppa bike sharing a pedalata assistita, Bond Mobility Inc.

Può suonare strano che uno dei principali fornitori di parti di ricambio dell’indotto automotive si dimostri attento, per non dire favorevole, alle sorti di una società che propone sistemi per non usare l’auto in città. Invece si tratta di un segnale.

Improvvisamente, si potrebbe dire, la “micromobilità” è entrata nel gergo anche di aziende come Denso, che ha commentato la negoziazione dell’investimento, materialmente effettuato dalla nipponica New Mobility Group e da Ininvest Global, come una mossa strategica per accelerare la realizzazione di un nuovo tipo di mobilità.

Mobilità come servizio

Denso sta infatti lavorando ad un progetto di veicolo denominato MaaS, acronimo che sta per “Mobility as a Service”, il quale, appoggiando alla tecnologia dell’internet of things ed alla trasmissione di dati via cloud, vorrebbe collezionare informazioni su come i veicoli connessi lavorino in condizioni reali di traffico.

L’obiettivo è capire come e perché avvengano incidenti per ridurre al minimo i rischi.

Tutto ciò si riversa sulle future prospettive della mobilità anche a quattro ruote, ma intanto si serve della micromobilità, in grado di penetrare più agilmente negli usi e costumi delle persone.

Tanto per capire quale sia il quadro di riferimento, la stessa Denso ha, prima che in Bond Mobility e nel suo sistema di ebike sharing (attivo in California e Svizzera), investito in una società di servizi di condivisione di veicoli di Seattle, Airbiquity Inc e acquistato azioni di On The Road Co. Ltd, società che sviluppa il software per il progetto MaaS. Prima ancora aveva investito in InfiniteKey Inc., una software house olandese per telefonia mobile ed in Ridecell, una piattaforma per operatori di bike e car sharing.

Insomma, la micromobilità ha tutta l’aria di essere un passe-par-tout per la trasformazione (o evoluzione?) di tutto quanto oggi riteniamo essere il cosmo dei trasporti privati e non una semplice moda.