Gli unici che potranno girare per Venezia in bicicletta saranno i residenti ed i bambini di età inferiore agli 8 anni: tutti gli altri, se “pizzicati” dalla polizia municipale dovranno pagare 100 euro di multa.

La decisione estrema va nella direzione delle ordinanze recentemente emesse per preservare una delle città – se non La città – più belle del pianeta da quella che ormai è vissuta come un’invasione barbarica più che turistica.

Proibire del tutto l’uso delle biciclette a Venezia solleva però perplessità tra le associazioni di settore.

 

#EnjoyRespectVenezia: andare in bici è come tuffarsi nei canali?

Siamo tutti d’accordo sul fatto che Venezia non ne possa più di un turismo di massa che, da un lato, le garantisce gli introiti utili a sopravvivere ma che, dall’altro, ne accelera il disfacimento.

Io stesso, che da bambino ho avuto modo di vivere molto da vicino questa meravigliosa città, rimango ogni volta desolato tornando a visitarla: la Serenissima avvizzisce, abitarvi è una prova di resistenza e il flusso di turisti mordi-e-fuggi sembra non rendersi conto né di cosa abbia realmente davanti agli occhi, né dell’impatto che ha sulla città stessa.

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Detto ciò, assimilare l’andare in bicicletta, come fa la campagna #EnjoyRespectVenezia, all’empio spettacolo offerto da chi si tuffa nei canali o a chi bighellona in costume da bagno, pensando forse di essere in un parco a tema, appare una decisione forte.

Da una parte è coerente con un’idea che emerge con sempre più forza: musealizzare” Venezia.

Siamo però sicuri che si tratti della strada giusta? Il capoluogo veneto, la Serenissima, davvero può preservarsi trasformandosi in una sorta di riserva protetta per sé stessa e per i suoi abitanti?

Vedere altre soluzioni è difficile – partendo dal presupposto che la macchina del turismo non si possa fermare – ma trovo anche triste che una città del nostro Paese sia costretta a rendersi inaccessibile, se non previo pagamento del biglietto, per via di un turismo indiscriminato e massivo.

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Venezia, l’ordinanza anti-bici mina il cicloturismo

Un’azione forte, evidentemente, è necessaria ma in merito alla proibizione anche solo di condurre una bicicletta a mano per le calli della città lagunare, la voce di alcune associazioni pro-bici si sono levate.

La Fiab, ad esempio, si domanda in che modo la bicicletta possa rientrare tra quelle pratiche, indicate sul sito del Comune veneziano, che ostacolano lo sviluppo di attività sociali ed economiche oltre che la convivenza armoniosa di turismo e residenti.

Anzi, dal loro punto di vista, chiudere Venezia alle bici è un’occasione persa per far sviluppare i flussi legati alla Ciclovia Adriatica che dalla Puglia risale lo stivale sino al Friuli-Venezia Giulia, oltre che alla già nota VenTo, il collegamento ciclabile Torino-Venezia che insegue il Po.

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photo credit: Jose Luis RDS Venecia via photopin (license)

Paradossalmente, quello dei cicloturisti è un movimento che fa della lentezza e dell’apprezzamento del contesto una bandiera, distinguendosi certamente da quel turismo di massa che tritura tutto in poche ore di permanenza.

La risposta (immaginata) dell’amministrazione Brugnaro è che il cicloturismo può lasciare la propria bici al sicuro alle porte di Venezia, nel BiciPark. Peccato che, come rileva la Fiab, di domenica sia chiuso.

Il punto di fondo, comunque, rimane la conservazione e dell’immenso patrimonio veneziano e la vivibilità per i suoi residenti: bisognerebbe forse ascoltare il loro parere e capire le esigenze di una comunità spinta a preferire la chiusura nel fortino di una città-museo da un’invasione troppo spesso del tutto priva di rispetto.