Il Tour de France è dietro l’angolo e, per i migliori ciclisti al mondo che correranno alla “Grand Boucle”, è tempo di ritiro. Ma a cosa serve il ritiro?

Il ritiro in altura

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Per prepararsi al Tour de France, la maggior parte delle squadre World Tour si recherà in ritiro in altura nel periodo immediatemente successivo al Critérium du Dauphiné. I corridori si alleneranno in quota dove l’aria è più rarefatta per acquistare la forma ideale e per ottimizzare la condizione atletica. Da anni il ritiro in montagna è una tappa fondamentale nel calendario di ogni atleta. Ma perché?

Aumentare l’apporto di ossigeno

L’obiettivo dell’allenamento in quota è semplice. Nel ciclista professionista che si allena in un ambiente a basso contenuto di ossigeno il corpo si adatterà alle condizioni circostanti, diventando più efficiente nel trasporto e nell’utilizzo di ossigeno. Più precisamente, a causa della ridotta pressione atmosferica in altura, diminuisce anche la pressione parziale di ossigeno inspirato. E poiché il Tour è un tipo di corsa che mette a dura prova la resistenza dei corridori – in cui avere una buona dose di ossigeno in circolo è fondamentale – la preparazione atletica in quota diventa importantissima al fine di migliorare le prestazioni di un atleta. 

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Molti studi hanno evidenziato che l’allenamento in quota aumenta la capacità aerobica (VO2max) del 3-8%, abbassa la frequenza cardiaca sia a riposo che durante l’esercizio fisico ed eleva i livelli di mioglobina, una proteina globulare che si trova nelle fibre dei muscoli. In più questo tipo di allenamento riduce l’accumulo di acido lattico e aumenta la produzione di EPO nelle reni. Per i ciclisti l’EPO, o eritropoietina, è un ormone essenziale in quanto regola e promuove la produzione di globuli rossi all’interno del midollo osseo. Avere un elevato numero di globuli rossi è fondamentale per un’attività di resistenza come il ciclismo su strada (specialmente nei grandi giri), proprio perché questi raccolgono ossigeno dai polmoni e lo distribuiscono ai muscoli. Maggiore è il numero di globuli rossi nel corpo e maggiore sarà l’apporto di ossigeno in circolo, il che significa che il ciclista potrà pedalare più forte e più a lungo. È stato dimostrato che, per godere dei benefici dell’allenamento in quota, è necessario superare i 1.500 mt; l’altitudine ottimale per l’allenamento si aggira attorno ai 2.000 e i 2.200 m. Sotto questa quota lo sforzo fisico sarà insufficiente per stimolare quella maggiore sintesi di EPO di cui gli atleti hanno bisogno; stessa cosa succede sopra i 2.000 mt, dove l’intensità della pedalata sarà troppo bassa per favorire la sintesi di eritropoietina.

Squilibrio muscolare

Trovare il giusto equilibro è fondamentale. In alta quota, con una minore pressione parziale dell’ossigeno, la potenza prodotta dalla pedalata del corridore sarà minore. Un ciclista che produce 300 watt pedalando sul livello del mare dovrà produrne 350 per mantenere la stessa velocità in quota. Questo accade perché, mentre i suoi parametri sanguigni migliorano – aumentano infatti sia la produzione di reticolociti (globuli rossi neoprodotti) che i livelli di emoglobina (la proteina parte del globulo rosso che trasporta l’ossigeno) – i suoi muscoli si indeboliscono. L’indebolimento dei muscoli è dovuto all’ambiente circostante. In altura la minore quantità di ossigeno presente nell’aria attiva le ghiandole surrenali del ciclista affinché queste aumentino la produzione di cortisolo. Il cortisolo è un ormone catabolico, il che significa che tende a bruciare i muscoli per produrre energia. Livelli elevati di cortisolo nel corpo del ciclista ostacoleranno la crescita della sua massa muscolare.

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Ecco perché è molto difficile pianificare un allenamento in quota giusto ed equilibrato, soprattutto quando si tratta di deciderne la durata. L’aumento del volume sanguigno che accompagna un allenamento in quota è uno dei principali adattamenti fisiologici cui l’atleta va incontro durante giorni di ritiro. Ma ci vogliono circa dieci giorni affinché il corpo si adatti all’ambiente circostante e ad un maggior apporto di ossigeno in circolo. Dopo questo breve periodo in altura il corpo è pronto ad allenarsi più intensamente.

Live High – Train Low

A volte, invece, le squadre decidono di optare per un metodo di allenamento più intenso conosciuto come “Live High – Train Low” (LHTL). Il metodo prevede che i ciclisti vivano e dormano in altura allenandosi però a livello del mare. Qui possono aumentare l’intensità dell’allenamento senza che la performance sia compromessa dalla quota (e quindi dall’aria rarefatta). Questa idea è supportata da uno studio dell’AIS (Australian Institute of Sport) che ha messo a confronto un gruppo di atleti che vivevano e si allenavano a livello del mare con un gruppo che si allenava a livello del mare ma che dormiva, per ventitre notti consecutive, ad un’altitudine simulata di 3000 m. Dopo il periodo di allenamento di ventiquattro giorni gli scienziati hanno effettuato biopsie sui muscoli di ciascun atleta scoprendo che, nei ciclisti che seguivano il metodo LHTL, il VO2 di picco (il più alto valore di consumo di ossigeno durante l’allenamento) era inferiore rispetto a quello del gruppo che viveva e si allenava a livello del mare; il che significa che questi atleti avevano conservato meglio le loro energie. Le biopsie hanno inoltre svelato che la capacità tampone del muscolo era aumentata del 18% negli atleti LHTL, questo consentiva loro di sprintare più forte e per un tempo maggiore. Quindi, per molti atleti, Live High – Train Low è il miglior allenamento possibile.

Come alimentarsi in altura

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Un altro fattore che teams ed atleti non dovranno sottovalutare in previsione del Tour sono le esigenze nutrizionali. In quota il corpo dell’atleta lavora di più accelerando il metabolismo. Molti studi hanno dimostrato che l’aumento del fabbisogno calorico spesso deriva da una maggiore assunzione di carboidrati. In particolare alcune ricerche sui topi delle Ande (i cui insediamenti si trovano intorno ai 4.000 mt di altitudine) hanno notato come questi animali ricavavano molta più energia dai carboidrati che dai grassi rispetto ai topi che vivevano sul livello del mare. Questo perché in quota, con livelli di ossigeno minori, i carboidrati fornivano il 15% in più di energia rispetto ai grassi. Anche se i ciclisti professionisti non vivono e si allenano così in alto come i topi delle Ande – quando sono in quota – mostrano un maggior utilizzo dei carboidrati rispetto ai grassi, il che significa che avranno bisogno di mangiare più pasta e più riso. Inoltre, gli atleti spesso abbinano a questa dieta l’assunzione di integratori di ferro per aiutare i globuli rossi a trattenere più ossigeno possibile. Da tutto quello che abbiamo appena descritto si evince come l’allenamento in quota sia un metodo efficacissimo e molto usato nel mondo del ciclismo professionistico.

Fonte Campagnolo