Davide e Golia

«Ogni giorno a Bruxelles – continua Fioravanti – si lotta per evitare che le barriere protettive cadano a fronte delle pressioni cinesi che hanno tutto l’interesse a trovare uno sbocco al loro surplus produttivo a discapito dei fabbricanti europei e in particolare delle piccole e medie imprese maggiormente esposte alla concorrenza asiatica.

Per quanto riguarda il settore del ciclo, strategico anche per la Cina in quanto capace di creare molti posti di lavoro nella meccanica di precisione, grazie al rinnovo dell’antidumping e a ben sette procedimenti Anticircumvention espletati negli ultimi tre anni (Indonesia, Malesia, Cambogia, Filippine, Pakistan, Sri Lanka e Tunisia), dal 2010 a oggi abbiamo recuperato alla produzione europea almeno 2 dei 3 milioni di cicli triangolatI dalla RPC all’Europa via Paese terzo. Inoltre abbiamo garantito e consentito lo sviluppo della produzione in Europa di un milione di bici a pedalata assistita, una eccellente invenzione dell’industria europea della bici, il cui mantenimento potrebbe consentirci di raddoppiare i dipendenti diretti e indiretti del comparto nei prossimi 5-10 anni.

Occorre comunque dire che nelle attuali condizioni, affidarsi solo alle misure antidumping e alle azioni Anticircumvention, è un po’ come combattere con il sasso e la fionda di Davide contro il gigante Golia. Occorrerebbero nuove regole per il trade che tenessero nel dovuto conto fattori come la mancata osservanza delle regole sul monopolio, le sovracapacità produttive sovvenzionate dal capitalismo di stato cinese e di altri paesi, la totale negligenza delle misure di sicurezza sul lavoro, l’inesistenza di politiche di Corporate Social Responsability (CSR), l’inesistenza dei più elementari diritti dei lavoratori come quello di costituirsi in Sindacati, il mancato rispetto delle norme anti inquinamento.

Quest’ultimo elemento, per esempio, potrebbe essere fondamentale per assicurare uno sviluppo veramente sostenibile all’Europa, sia in termini di ambiente che di occupazione se teniamo conto che nell’industria del ciclo, verde per definizione, operano 600 PMI in 20 dei 28 stati membri, di cui 250 in Italia, e che una bici o una e-bike esportata dalla Cina comporta da 61 a 123 kgs di CO2 e altre emissioni pericolose in più rispetto a una prodotta nella EU. Basterebbero norme che favorissero i prodotti europei più ecologici rispetto a quelli realizzati in paesi dove è massiccio il ricorso all’uso del carbone per la produzione, solo per citare uno dei possibili interventi.»