Il quadro della situazione

«Attualmente – spiega Fioravanti- le bici complete importate dalla Cina nei paesi dell’Unione Europea vengono gravate oltre che di un Normal Duty pari al 14% anche di un dazio antidumping del 48,5%. La possibilità di applicare misure antidumping, non solo nel settore del ciclo, costituisce, a nostro giudizio, una legittima difesa nei confronti di quei paesi, come la Cina stessa, che non applicano le regole di mercato.

Tutto ciò è recentemente divenuto oggetto di forte controversia tra EU e Cina in quanto quest’ultima rivendica l’applicazione del protocollo firmato nel 2001 all’atto del suo ingresso nel WTO (World Trade Organization ovvero l’Organizzazione Mondiale del Commercio) in base al quale fu sottoscritto l’impegno del governo cinese a divenire una vera economia di mercato in un periodo di tempo di 15 anni.

Se questo fosse successo, alla scadenza dell’11 dicembre 2016 sarebbe stato riconosciuto alla Cina lo status di MES e conseguentemente sarebbe venuta meno la possibilità di ricorso alle attuali misure antidumping. Grazie allo sforzo dell’AEGIS e delle aziende in essa rappresentate, tutte unite nella comune difesa del prodotto e dell’occupazione europea, ciò è stato evitato anche se la Cina ha deciso di portare i paesi oppositori di fronte al tribunale del WTO. Importantissimo è stato altresi la ferma posizione adottata dal nostro Governo tramite il Ministero dello Sviluppo Economico, dei Parlamentari Italiani all’Europarlamento, di tutti gli schieramenti, lodevolmente uniti per il bene del Made in Italy, e dei Sindacati (ETUC & IndustryAll a Bruxelles).

Per il momento quindi il pericolo è scongiurato e, per quanto riguarda il settore del ciclo, le attuali misure antidumping rimarranno in vigore almeno sino al 5 giugno 2018, dopo di che occorrerà verificare il permanere delle attuali condizioni di mercato sleale e assumere le decisioni conseguenti».

Per completezza d’informazione occorre precisare che la posizione cinese si basa sul mancato riconoscimento dello status di economia di mercato in virtù di un «automatismo» allo scadere dei 15 anni originariamente fissati, senza tener conto che, malgrado i progressi compiuti, la sua economia continua a essere diretta dal governo centrale che ne stabilisce gli indirizzi, la localizzazione delle industrie, facilita l’approvvigionamento delle risorse e influisce sulla formazione dei prezzi sia sul mercato interno che all’export, come si evince tra l’altro dalla lettura dei piani quinquennali di sviluppo governativi.

In questa situazione risulta essenziale per i paesi importatori il mantenimento di dazi compensativi che riequilibrino il prezzo di mercato della merce importata per limitare ogni forma di concorrenza sleale e salvaguardare i produttori locali e l’occupazione. Come è noto il dazio antidumping si basa sul calcolo tra la differenza di prezzo esistente tra il prezzo export e quello rilevato sul mercato interno. Nel caso della Cina, poiché anche i prezzi praticati sul mercato interno risultano distorti dall’influenza statale, il WTO consente di assumere come riferimento i prezzi praticati in un paese terzo, di analoghe condizioni per quanto riguarda il costo della vita (Messico, India, Bangladesh ecc.). Anche tale pratica sarebbe decaduta in caso di riconoscimento del MES alla Cina.