Conciliare le esigenze di una città storica ed oltremodo delicata come Venezia con l’industria del turismo, decisamente di massa per quel che riguarda il capoluogo Veneto è impresa ardua.

La campagna #EnjoyRespectVenezia, lanciata dal municipio della Serenissima, va proprio in questa direzione, limitando in modo severo anche le metodologie di spostamento in città.

Nel mirino sono finite le biciclette, per cui sono previste multe salate anche in caso di conduzione a mano.

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Niente bici a Venezia

Oltre al cosiddetto contributo di accesso alla città, unica delle varie norme introdotte per trarre sostentamento per le casse comunali nell’ottica di mantenere uno dei principali patrimoni Unesco ad aver fatto parlare ampiamente di sé, esistono anche una serie di divieti per chi visita la città lagunare.

Uno di questi riguarda proprio le biciclette, che a Venezia non possono entrare, nemmeno se condotte a mano.

La norma, presente nelle informative di #EnjoyRespectVenezia, continua a mietere “vittime”: da ultima, una coppia di turisti francesi, rei di aver legato le biciclette in una calle laterale di Lista di Spagna, limitrofa a Strada Nuova.

La rimozione dei mezzi, che richiede l’intervento di polizia locale e vigili del fuoco, costa ben 100€ ai trasgressori.

Simile sorte anche per alcuni visitatori britannici, che, nel giugno scorso, la bici la stavano spingendo a mano nel centro storico: sempre 100 gli euro di multa, accresciuti fino a 250 per la somma di una tenuta poco decorosa (petto nudo) e di un tentativo di resistenza a pubblico ufficiale.

Regole severe provocate da un turismo selvaggio

Come scrivemmo nei mesi scorsi, quando la campagna del Comune di Venezia era agli inizi, non fa piacere immaginare una città del proprio Paese, che dovrebbe essere patrimonio di tutti e legittimamente accessibile in modo libero, costretta a ridursi alla stregua di un parco divertimenti, con tanto di tornelli all’ingresso.

Certo, l’industria turistica è allo stesso tempo maledizione e salvezza di Venezia: la sottopone ad usura enorme, ma le può portare i proventi utili a sopravvivere.

D’altronde è innegabile che vivere e lavorare nel contesto della laguna, in un ambiente fatto di sole realtà vincolate dal punto di vista storico-artistico, è complicato.

Per Venezia il turismo si rivelò una risorsa già nel ‘700, quando la Serenissima perse il primato commerciale in quanto porta d’Oriente: anche allora si trattava di un turismo dalle connotazioni libertine, tratto che la città ha nel proprio DNA storico.

Oggi però Venezia rischia di diventare una Disneyland dell’arte, con la cultura a fare da sbiadito fondale.

È un peccato dover limitare le libertà di chi la visita, ma, in effetti, si era probabilmente giunti ad un punto di non ritorno tra rispetto, convivenza civile e legittima volontà di esplorare in modo spensierato la città più particolare dell’occidente.