L’ultima volta che ho incontrato Dario Pegoretti è stato giusto un anno fa, ai margini del Cosmobike Show di Verona, in occasione di una riunione rigorosamente riservata agli addetti ai lavori, promossa da Confcommercio con l’obiettivo di definire i confini della figura professionale dell’artigiano costruttore di telai per biciclette al fine di salvaguardarne l’unicità e la specificità in un panorama industriale in forte mutamento.
Anche in quell’occasione la sua fisicità e l’uso del dialetto veneto come strumento di comunicazione irrinunciabile, avevano fatto da contraltare alle argomentazioni sul settore e sulle difficoltà di un’attività che, soprattutto per i giovani, spesso costringe sogni e creatività nelle gabbie imposte da realtà da terzista.
Pegoretti in quel contesto era percepito come un significativo punto di riferimento, esempio tangibile di cosa passione, voglia di arrivare e capacità personale possano consentire.
Dagli inizi a bottega da Luigino Milani alla percezione prima, convinzione poi, che l’acciaio, il materiale che ha fatto la storia del ciclismo, non aveva nulla da invidiare ai più gettonati dalla modernità materiali compositi, e che in fondo ciò che conta è la qualità di quello che si realizza, in questo percorso si ritrova tutto Dario Pegoretti.
Le sue creazioni sono diventate vere e proprie opere d’arte che gli valsero nel 2008 il riconoscimento come miglior telaista dal North American Handmade Bicycle Show (NAHBS) e nel 2010 l’esposizione al Museo d’Arte e Design di New York.
Senza considerare il consenso raccolto presso un vasto ed eterogeneo pubblico che comprende divi di Hollywood come Robin Williams, musicisti come Ben Harper, ciclisti famosi come Marco Pantani, Miguel Indurain, Mario Cipollini.
Acciaio ma anche colore e capacità di esprimere graficamente sensazioni e stati d’animo, coinvolgendosi sempre in nuove sfide come quella nata in tempi recentissimi con Vadolibero per il progetto Neos Maestro da cui sono tratte le foto che illustrano questo ricordo.
Da alcuni anni Pegoretti aveva deciso di non vendere più in Italia e di dedicarsi solo ai clienti esteri, non senza suscitare stupore e meraviglia che non lo avevano però scalfito.
Dario ci ha lasciato all’alba di quest’ultimo week end, quasi in silenzio, senza clamore, mimetizzandosi tra l’indolenza dei ritorni estivi, mentre, ironia della sorte, sul suo sito, attualmente in ricostruzione, si può ancora leggere “An all-new site is coming soon”, quasi un epitaffio, forse una burla.
Ciao Dario.