post 2 - GPR6_7705La bicicletta si è evoluta, è cresciuta, è stata curiosità, poi ingegno e quindi tecnologia. Dal quel più o meno probabile disegno di Leonardo ai modelli sofisticati ricchi di elettronica e ritorno. O quasi.

Sì, perché quando una cosa piace tanto e diventa moda, prima ancora che necessità, c’è il gusto di riscoprirne le origini, curiosare all’indietro e magari scoprire che si poteva prendere una strada diversa. Migliore? Forse no. Ma è bello lasciar andare la fantasia.

Così dopo aver comprato le penne che scrivono anche in assenza di gravità (non si può mai sapere cosa ci riserva il futuro) qualcuno si è appassionato di stilografiche. Senza tornare necessariamente alla penna d’oca ma magari fermandosi incuriosito dall’ingegno di certe stilografiche e affascinato dall’essere padrone di trasformare quella boccetta di inchiostro in parole, pensieri e forma. Una volta c’erano i pennini di diverse fogge, oggi tutte punte arrotondate quasi tutte uguali.

La retromarcia in bicicletta è stata la scoperta della semplicità. Una cosa non sempre piena di senso logico, certe evoluzioni un senso lo hanno eccome, ma volete mettere la pulizia delle linee?

E allora via tutto, niente clic e niente cavi, se non l’indispensabile. Ruote, catena, manubrio e sella e poi il telaio, naturalmente, a unire tutto. Così facendo diventa bella, nella sua essenza, anche la bicicletta con poca vernice. La ruggine è una ruga di esperienza, un’aria vissuta che veste bene chi la indossa e la cavalca.
Il resto è silenzio. Avete sentito che silenzio su una single speed o su una fissa? Non c’è nient’altro che l’incastro meccanico libero anche dal tendicatena. Si regola al millimetro e via. L’unico suono può essere quello del telaio, l’acciaio a toccarlo sembra che canti e qualcuno l’acciaio lo ascolta, parola di telaista che sa quello che fa e trasmette il segreto del suo lavoro. Quella bicicletta, allora, diventa calore nelle mani di chi la utilizza, come una penna tra le dita di uno scrittore.