In Italia la recente visita del presidente cinese Xi Jinping ha acceso infuocati dibattiti sulle prospettive, da alcuni auspicate, da altri demonizzate, che la cosiddetta “Via della Seta” aprirebbe. Da Taiwan, ossia proprio dai vicini di casa dei Cinesi, arrivano interessanti segnali per meglio leggere le mosse commerciali del colosso asiatico.

Il Taipei Cycle Show 2019 non ha infatti lasciato in secondo piano il rimpatrio massiccio che molte aziende di origine taiwanese stanno effettuando, dopo anni di produzione sul suolo cinese.

Il “bentornati a casa” suona dunque come una chiave di lettura di uno scenario ben più ampio.

Rilocalizzazione di massa

Si potrebbe dire che dopo la delocalizzazione, cui multinazionali e grandi aziende debbono i guadagni prosperosi degli scorsi decenni, ora si possa parlare di “rilocalizzazione” o di “delocalizzazione inversa”.

Nell’industria del ciclo, per lo meno, questo sta accadendo proprio nell’emisfero asiatico, ridistribuendo pesi ed equilibri.

Se ben 2 su 4 dei relatori che hanno parlato all’eventi di apertura della fiera ciclistica più importante al mondo, il Taipei Cycle Show per l’appunto, hanno incentrato il proprio discorso sul ritorno in patria di molti grandi Marchi dell’industria ciclistica, c’è un perchè.

Per Taiwan si tratta infatti di un’occasione da non perdere quella venutasi a configurare dopo l’approvazione di misure protezionistiche nei confronti delle esportazioni cinesi sia da parte di Unione Europea che degli Stati Uniti d’America.

Efficaci o meno che siano queste misure, una ripercussione la stanno avendo proprio sull’assetto globale della produzione ciclistica, quella che conta milioni di pezzi e che è destinata ai mercati di fascia economica e media di tutto il mondo occidentale.

Attenti al dazio

La parola d’ordine dell’industria del ciclo è “schivare il dazio”: importare in Europa e negli Stati Uniti direttamente dalla Cina sta diventando anti-economico, per cui serve una soluzione per mantenere competitiva la produzione senza ricadere nelle maglie anti-dumping occidentali.

La soluzione è a portata di mano: per alcuni, è preferibile tornare a casa, per esempio a Taiwan, il cui governo è più che propenso a stendere passiere rosse (e ad offrire incentivi e sconti fiscali) a chi intende riportare produzione ed occupazione sul proprio territorio; per altri, si tratta di scegliere tra uno dei Paesi asiatici emergenti non in lista nera, come Vietnam e Cambogia.

Per la verità, il Vietnam è un osservato speciale dall’Europa in merito ai diritti dei lavoratori, ma le politiche volte ad aumentare la ricchezza del Paese, con la speranza di una ricaduta positiva sulle sue condizioni culturali e civili, finiscono per renderlo comunque più appetibile della Cina.

Grandi nomi con le valigie in mano

Chi sono dunque i produttori che smobilitano o stanno per farlo dalla Cina?

A parlare di Giant e del ritorno a Taiwan di parte della sua produzione è stato niente meno che il Ministro degli affari economici della città-stato asiatica, Mr. Tseng Wen Sheng proprio durante la cerimonia di apertura della Taipei Cycle Show 2019.

Altri marchi che parzialmente ricollocheranno gli stabilimenti a Taiwan sono Tektro e TranzX, ma sono molte le società meno conosciute che ne seguiranno le orme.

Per quel che riguarda invece i trasferimenti in Vietnam, due nomi significativi sono quelli di Merida e di SR Suntour: è dunque da aspettarsi che Paesi oggi in posizione subalterna nello scacchiere commerciale asiatico, nel giro di alcuni anni ribaltino i vecchi rapporti di forza.

Un motivo in più per cui Pechino potrebbe starsi muovendo in altre direzioni.