250 W, 25 km/h, niente acceleratore e interruzione dell’erogazione elettrica se smetti di pedalare. Queste normative vanno bene in Olanda, ma le città non sono tutte uguali, e bisogna considerarlo. Ritoccare quelle leggi significherebbe entrare in un mondo della mobilità completamente nuovo e più sostenibile.

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image via ebikecult.it

Piste ciclabili o ciclabilità?

Rispondendo alla domanda del titolo: no, non lo stiamo sfruttando. La verità è che ci stiamo soltanto complicando la vita. La situazione di emergenza in cui ci troviamo richiedeva una deroga all’attuale normativa europea che disciplina le biciclette a pedalata assistita e che anche senza il Covid-19 andava rivista. Il punto è che quelle leggi sono state create sulla base di osservazioni fatte su città bike friendly nord-europee; ma per molti altri contesti potrebbero addirittura essere dannose. Limitare la potenza e la velocità costringe a scelte urbanistiche che possono creare caos, inutili spese e tensioni sociali, quando la pacifica convivenza sarebbe a portata di mano. Come? Basandoci ad esempio su quello che hanno fatto da poco a New York.

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A New York girano in speed e-bike

Nella Grande Mela, in ritardo su molte altre città statunitensi, sono riusciti a rendere legali le cosiddette speed e-bike. Hanno creato tre categorie di veicoli e le hanno normate in modo molto semplice. Ora, credo che il traffico di New York non abbia nulla da invidiare a quello di altre metropoli, eppure non sono ancora giunte notizie di tragedie legate ai ciclisti newyorchesi. E’ vero invece che nelle attuali città troppa lentezza è maldestra e pericolosa. In alcuni contesti urbani creare due mondi di traffico paralleli, uno per le bici e uno per le auto, richiederebbe degli sforzi progettuali che si scontrerebbero con disponibilità economica e struttura della città stesse. Più sostenibile sarebbe avvicinare i due mondi sotto un minimo comune denominatore, che per le automobili vorrebbe dire ridurre la loro velocità (lo stanno facendo a Los Angeles, e non solo).

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Il nuovo modello statunitense RadRunner Plus da 750 W

Cosa tiene lontane le persone dalle bici, anche se e-bike?

Le principali motivazioni sono:

  • impossibilità di trasportare carichi e persone
  • paura di sudare
  • paura del traffico
  • paura di arrivare tardi (e sudati)
  • paura dei furti
  • non sapere dove parcheggiare

Come vedremo, più della metà di questi problemi sarebbero risolti con le speed e-bike. Siamo ancora legati ad un concetto di ciclismo troppo vicino a quello di divertimento. Nelle moderne caotiche città non è più questo, il ciclismo è una modalità di trasporto a tutti gli effetti, con le sue criticità e la sua dignità di esistenza. Quando vediamo un ciclista pedalare in città spesso non si capisce se stia facendo un giro di piacere o se stia utilizzando la bici per spostarsi, ad esempio per lavoro. E questo è un nodo cruciale su cui bisognerebbe cominciare a riflettere.

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Il sistema TreGo che trasforma la bicicletta in una trike

Un mondo di nuove bici, cargo e non solo

Quanto sono cambiate le nostre città solo negli ultimi vent’anni? E da allora, quanto è cambiato il nostro modo di spostarci al loro interno? Non molto, c’è stato qualche upgrade, ma i mezzi sono più o meno sempre gli stessi. Il primo boom ciclistico risale agli anni ’70: in quel periodo è nata una diversa coscienza a riguardo, sembrava si fosse sul punto di cambiare veramente le cose, ma non si è mai andati troppo oltre alle piste ciclabili. Le alternative a quest’ultime meritano una trattazione a parte e di cui ci occuperemo a breve, ma intanto possiamo vedere cosa succederebbe spostando il problema dalle piste alle bici. Passando alle speed e-bike, il giusto compromesso tra e-bike e scooter, si otterrebbero diversi vantaggi. Eccone alcuni:

  • il problema del peso legato alla potenza verrebbe risolto e di conseguenza si sbloccherebbe tutto il mondo delle cargo bikes (un’accettabile alternativa alle automobili), delle e-trike, dei velomobili; c’è un universo di modelli interessantissimi
  • sudore e fatica (anche minima, ma comunque fastidiosa) diventerebbe un lontano ricordo di chi utilizza la bici per andare al lavoro
  • la costruzione di piste ciclabili sarebbe una scelta meglio ponderabile, nel caso frutto di un progetto urbanistico più studiato e più sicuro
  • i vantaggi maggiormente percepibili attirerebbero più persone drenandole soprattutto dal mondo automobilistico
  • la maggiore velocità consentirebbe una convivenza più sicura con automobili e moto
  • i rider sarebbero più rapidi nelle consegne e guadagnerebbero di più (vedi New York, dove soprattutto loro hanno portato avanti la battaglia di legalizzazione per le speed e-bike)

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Le cose da fare

La correzione ideale sarebbe questa:

  • velocità massima a 35 km/h
  • 450/500W di potenza
  • acceleratore da 5 secondi per le ripartenze

Ricordiamoci che sono i dettagli a fare la differenza: molta più gente di quanta pensiamo non usa la bici non perché non ci sono le piste ciclabili, ma perché, giustamente, non vuole arrivare sudata in ufficio (succede spesso a causa delle ripartenza dai semafori); altrettante persone hanno paura di rimanere intrappolate tra le auto e di andare nel pallone, un intoppo facilmente superabile sgusciando via grazie a 5 secondi di accelerazione. Ricordiamo anche che molti ciclisti muscolari superano quasi sempre i 25 km/h e che farlo in una pista ciclabile troppo stretta può anche essere pericoloso.

via bosch-ebike.com

Se “tutte” queste modifiche non fossero possibili basterebbe, in un primo momento, agire almeno sulla potenza, portandola a circa 450W. Molte città sono fatte di salite e ho conosciuto diverse persone che hanno dovuto accantonare l’acquisto di un e-bike per problemi legati alla potenza, alla lentezza e alla paura di sudare. Ed è un vero peccato per tutti.

Senza ragionare su questo genere di prospettive alcune città si troveranno in difficoltà e alle prese con tempi molti lunghi per raggiungere un equilibrio veicolare. Ma anche in questo caso l’auspicio è sempre quello di non fare nulla presi dalla fretta o da un’eccessiva e temporanea spinta emotiva, quanto piuttosto di mettersi a fare una semplice cosa: iniziare a parlarne.