9.195km, 65.000 metri di dislivello, 7 fusi orari, 4 zone climatiche, 15 tappe, 23 giorni, 10 partecipanti e una donna, io

Questi sono i numeri di una delle gare più dure al mondo, la RedBull Transiberian Extreme, a cui ho preso parte nel luglio del 2015, a pochi mesi dal ritorno del mio giro del mondo in bici. Una gara durissima, ma estremamente affascinante che ti porta a toccare i tuoi limiti fisici e mentali attraversando due continenti. Partenza da Mosca per arrivare a Vladivostok lungo tutto il tracciato della Transiberiana, la ferrovia che attraversa l’Europa orientale e l’Asia settentrionale.

RedBull Transiberian Extreme: una gara dove nulla va lasciato al caso 

Una gara di ultracycling alla sua prima edizione con tappe che partono dai 440km per arrivare ai 1.500km e che io pedalo a staffetta con Paolo Aste, fortissimo ultracycler e amico di Vicenza. Una gara dove nulla va lasciato al caso. Per questo qualche giorno prima dell’inizio trascorriamo un’intera giornata presso il centro olimpionico di medicina sportiva di Mosca per verificare di essere fisicamente e mentalmente in grado di affrontare una sfida così impegnativa.

“Tappe che partono dai 440km per arrivare ai 1.500km”

Testano tutti i nostri parametri fisici attraverso una serie di prove come se fossimo cavie da laboratorio con apparecchiature sofisticate e moderne:

  • massa grassa
  • massa magra
  • test di resistenza/di potenza/consumo energetico
  • assenza di ossigeno
  • test del lattato

Per poi proseguire con tutta una serie di test psicologici per cui fortunatamente passiamo indenni pronti per partire per questa nuova grande avventura. 

Dove comincia la RedBull Transiberian Extreme?

Nella Piazza Rossa di Mosca alle 5 del mattino del 15 luglio siamo pronti per iniziare la lunga pedalata verso est della prima tappa da 450km. Inaugura la partenza la benedizione delle bici da parte del Pope, il parroco ortodosso russo vestito di scuro e barbuto, e un lungo applauso del pubblico presente.

Un brivido sulla schiena, uno sguardo ai ragazzi del mio team e al mio compagno di squadra e via, sono pronta per una nuova incredibile e faticosa impresa che mi porta ad attraversare la nazione più lunga al mondo.

Non so cosa mi aspetta da questa immensa attraversata e credo sia per questo motivo che un misto di emozioni si accavallano in quella piazza prima di partire: paura, adrenalina, eccitazione, nostalgia, carica, tensione. Perché una gara come questa non è soltanto una gara, ma è un viaggio estremo nel cuore, nella mente, nel fisico.

“Ma come inizio a pedalare tutto si dissolve e parto carica più che mai per i 9.200km che mi aspettano nei prossimi 23 giorni”

Se nei giorni prima della partenza siamo tutti “amici” quando si parte inizia la vera sfida. Essere l’unica donna a partecipare sicuramente è un grande “problema” per gli altri atleti che non apprezzano più di tanto la mia presenza. Qualcuno arriva a dirmi che sminuisco la gara ad essere lì e che non sarò in grado di arrivare fino alla fine.

Partiamo talmente forte che non ho tempo di pensare a ciò che mi è stato detto, perché ogni volta che guardo il conta chilometri siamo sopra i 40 chilometri all’ora. Fatico a restare in gruppo soprattutto i primi giorni dove io che sono un diesel ho bisogno del mio tempo e soprattutto perché i continui sali e scendi non mi aiutano.

“Essere l’unica donna a partecipare
è un problema per alcuni atleti”

Sono preparata, mi sono allenata con l’aiuto del mio preparatore, e carissimo amico Paolo Lanfranco, per più di un anno senza sgarrare mai e so che posso farcela. Nei momenti più duri penso a tutto ciò che ho fatto e stringo i denti ancora di più.

Più passano i giorni e più mi sento in forma e soprattutto più passano i giorni e più cresce l’affiatamento anche con gli altri atleti che alla fine decidono di accettarmi come una di loro e percepisco una forma di stima che mi dà ancora più forza.

Mi innamoro di ogni chilometro, anche dei più difficili come gli oltre 1.000km di strade in costruzione, e anche se ogni tanto sono al limite la mia mente, ma soprattutto il mio cuore, registra ogni paesaggio che mi circonda:

  • l’incredibile steppa siberiana
  • le lunghe strade dritte e infinite
  • le distese di foresta
  • l’immenso lago Baikal
  • le città che nascono come  in un deserto distanziate di centinaia di chilometri le une dalle altre

E poi c’è la notte che io adoro: il ritmo diventa più pacato e ognuno è immerso nei propri pensieri sotto un cielo stellato che lascia spazio solo al silenzio più assoluto.

L’unico rumore è quello del treno che lentamente ci affianca per proseguire il suo viaggio verso l’estremo oriente e io mi perdo a guardarlo e a immaginare i viaggiatori che ci sono sopra: qualcuno starà dormendo nella sua cuccetta, qualcuno guarderà l’infinito attraverso il finestrino, qualcuno sarà abbracciato ad una persona cara e qualcun altro starà leggendo qualche fiaba cullato dal dondolio del treno.

Il ritmo della Transiberiana non scende mai

Le tappe scorrono veloci una dietro l’altra. Passiamo dagli 0 gradi notturni ai più 30 gradi di alcune zone siberiane. Il ritmo della gara non scende mai e anzi sembra che ognuno di noi sia sempre più in forma anche se la stanchezza inizia a farsi sentire.

Alcune tappe le pedaliamo in solitaria, altre rimaniamo nel gruppo. Ognuno ha la propria strategia di gara e la nostra è quella di riuscire ad arrivare alla fine!

Ed è così: dopo 9.200km in 286 ore alla media dei 32.1km orari levo le braccia sotto il cielo di Vladivostok emozionata di aver chiuso questa difficile impresa e portandomi a casa l’ennesima conferma che con determinazione e resilienza ogni sogno è raggiungibile!

E oggi sogno che questa incredibile gara un giorno si possa nuovamente fare perché lo sport, e in particolar modo il ciclismo, è pace, unione e vita. Tutto ciò di cui l’uomo necessita oggi più che mai.