Il successo delle e-Bike può essere facilmente spiegato considerando che permettono di mettere assieme la facilità di impiego (e la ecosostenibilità) di una bicicletta, con la possibilità di affrontare percorsi più o meno impegnativi senza dover “sudare sette camicie”. Ma una e-Bike a trasmissione continua elettroidraulica è un’idea decisamente innovativa e noi di Bicitech.it non potevamo non chiedere un’analisi e una descrizione della tecnologia ad Antonino Bonanno, ingegnere, ricercatore presso ITAE-CNR nonché nostro lettore e appassionato ciclista.

Le bici a pedalata assistita sono ormai una realtà consolidata nel panorama mondiale. City-bike e Mountain-bike con assistenza alla pedalata di tipo elettrico sono da anni disponibili sul mercato e, grazie ai prezzi divenuti abbastanza accessibili, sempre più diffuse. Il successo delle e-Bike può essere facilmente spiegato considerando che permettono di mettere assieme la facilità di impiego (e la ecosostenibilità) di una bicicletta, con la possibilità di affrontare dei percorsi più o meno impegnativi senza dover “sudare sette camicie”. Nel percorso casa-ufficio, la e-Bike permette di arrivare freschi, pur se nel tragitto il percorso non è come quello che si trova al centro della pianura Padana, come un biliardo. Nella sua versione più racing, la e-Bike permette anche a persone più avanti con gli anni, di poter fare escursioni su percorsi impegnativi o su lunghezze sostenute, magari in compagnia di atleti più giovani e prestanti. Devo essere sincero. La mia esperienza personale con una e-Bike non è stata delle più positive. L’ho trovata pesante. La mia sensazione è stata di avere a che fare con…una moto molto leggera. Questo mio giudizio, però è stato viziato da almeno due fattori:
1) era una bici presa a noleggio e quindi probabilmente non era un modello recente;
2) a me piace fare fatica sulla bici, quindi vedo male, almeno per ora, qualcosa che mi aiuti nello sforzo.
Ciononostante, posso però confermare che in alcune uscite impegnative con le MTB, si sono aggregati al nostro gruppo persone che, senza l’ausilio della pedalata assistita, non avrebbero mai fatto una salita su sterrato col 13% di pendenza. Quindi, le e-Bike hanno il grande aspetto positivo di permettere a molte persone di poter praticare sport, e su questo non si discute.

Assistenza elettrica

Ma come fanno le bici a pedalata assistita ad aiutare il ciclista? Grazie ad un motore elettrico che viene posizionato all’altezza dell’asse dei pedali, come mostrato in Figura 1. Il motore si attiva grazie a sensori che percepiscono la forza che il ciclista appone sui pedali. In sostanza, il motore elettrico amplifica lo sforzo fatto dal ciclista sui pedali e trasmette alla catena cinematica una forza maggiore di quella esercitata dai muscoli. Il livello di assistenza, ossia di amplificazione dello sforzo, è regolabile, modificando con un inverter la potenza elettrica sviluppata dal motore.

Figura 1: Schema funzionale di una e-bike (fonte BiciTech.it)

Nella Figura 1 è visibile la batteria, solitamente ancorata al telaio della bici, ma soprattutto è visibile la catena che permette di collegare la ruota dentata del motore elettrico con il pacco pignoni sulla ruota posteriore. Il cambio marcia, in una e-Bike tradizionale, viene gestito allo stesso modo di una comune bicicletta: mediante pacco pignoni e deragliatore. Se ciò da un lato garantisce una soluzione semplice, di facile manutenzione e affidabile, dall’altro lato ha due punti negativi:
1) il numero dei rapporti è definito;
2) la catena e il pacco pignoni sono generalmente esposti, quindi possibili sorgenti di sporco, soprattutto se la bici viene impiegata in ambito urbano.

A tutto ciò ha pensato di porre rimedio una startup israeliana che ha ideato la bici a pedalata assistita con trasmissione idrostatica di nome OYO e realizzata dalla BC Bike.

Trasmissione idrostatica, ovvero infiniti rapporti a disposizione

OYO è una e-Bike comparsa su Indiegogo a Dicembre 2020. Indiegogo è un sito di crowdfunding che pubblicizza idee e raccoglie fondi dalla community per realizzarle, facendo da vetrina a progetti innovativi e tecnologici. Il progetto OYO, ad esempio, è riuscito in tempi record a chiudere la raccolta fondi, raggiungendo i 5 milioni di shekel israeliani (circa 1,3 milioni di euro). Il sito permette ai backers, i sostenitori, di contribuire con un’offerta economica in cambio di una ricompensa ma anche a puro titolo di beneficenza e permette di acquistare in anteprima oggetti innovativi pronti per la spedizione. Indiegogo è una piattaforma quasi completamente gratuita, a parte per un 5% trattenuto dai finanziamenti ricevuti dalle varie campagne.

Figura 2: la bicicletta OYO (source: https://www.fundit.co.il)

L’aspetto innovativo della e-Bike OYO risiede nel fatto che non ha né catena né pacco pignoni. Il moto viene trasmesso alla ruota posteriore per mezzo di una trasmissione idrostatica che si interfaccia, da un lato col motore elettrico, che è sempre presente, e dall’altro con la ruota della bicicletta (Figura 2). In sostanza, questa bicicletta presenta un motore elettrico e una batteria, al pari di una comune e-Bike, il moto però viene trasmesso all’asse posteriore per mezzo di due tubi idraulici all’interno dei quali si muove dell’olio. In corrispondenza dei pedali, calettata sullo stesso asse del motore elettrico, è prevista una pompa idraulica, mentre al mozzo posteriore è presente un motore idraulico. Il tutto è rinchiuso dentro dei carter e quindi tutto il sistema rimane nascosto all’utente, con indubbi vantaggi in termini estetici e di manutenzione.

La trasmissione idrostatica è un particolare circuito idraulico che gode di caratteristiche funzionali uniche nel panorama delle applicazioni oleodinamiche. Nella sua concezione elementare, una trasmissione idrostatica è costituita da un motore e una pompa idraulici connessi in circuito chiuso. Queste unità possono essere a cilindrata fissa o variabile, ma nel 90% dei casi, almeno la pompa è a cilindrata variabile e ciò può essere compreso facendo riferimento alla equazione seguente, che esprime il rapporto di trasmissione di una trasmissione idrostatica.

Il rapporto di trasmissione è definito come il rapporto tra la velocità dell’albero uscente dal motore idraulico ωm (in questo caso sarebbe l’asse della ruota) e la velocità dell’albero entrante nella pompa ωp, che in questo caso è l’asse dei pedali. La formula appena espressa viene ottenuta sfruttando una caratteristica peculiare delle trasmissioni idrostatiche, ossia l’uguaglianza della porta tra pompa e motore: la stessa quantità di fluido che fuoriesce dalla pompa, alla luce dello schema in Figura 3, deve entrare nel motore idraulico. Ossia, in termini matematici si ha:

Dove con α indichiamo il grado di regolazione, o assetto, rispettivamente di pompa e motore. Questo è un parametro adimensionale che varia da 0 (cilindrata nulla, ossia non esce portata dalla pompa) a 1 (cilindrata massima, ossia la pompa elabora per ogni giro che compie il massimo volume di fluido). Con D indichiamo la cilindrata (dall’inglese displacement) di pompa e motore, mentre con ω rappresentiamo la velocità di rotazione dell’albero.

Risolvendo l’Eq. 2 rispetto al rapporto ωmp si ottiene quanto riportato nell’Eq. 1. Non entriamo qui nei dettagli inerenti a illustrare come faccia una pompa o un motore idraulico ad avere la possibilità di variare la propria cilindrata. Esistono testi specialistici che illustrano a fondo le proprietà, più o meno celate, delle trasmissioni idrostatiche, il migliore dei quali è certamente “Trasmissioni idrostatiche – nozioni e lineamenti introduttivi”, del Prof. Gian Luca Zarotti.

Figura 3: schema di una trasmissione idrostatica. (source Trasmissioni Idrostatiche G.L. Zarotti)

Ammettendo, quindi che entrambe le unità idrostatiche (pompa e motore) abbiano cilindrata variabile, la velocità dei rispettivi alberi può essere espressa come il rapporto tra i gradi di regolazione delle due unità idrostatiche αpm che moltiplica il coefficiente δ, (che esprime il rapporto Dp/Dm) il quale, una volta scelta la pompa e il motore, non potrà più cambiare, a meno di non sostituire la pompa o il motore.

 

 

Ciò permette di mettere in evidenza due aspetti fondamentali delle trasmissioni idrostatiche:
1) dato che gli assetti di pompa e motore possono assumere un qualsiasi valore compreso tra 0 e 1, il rapporto di trasmissione può cambiare con continuità;
2) se l’assetto della pompa assume valore 0 anche il rapporto di trasmissione assume lo stesso valore, ossia la trasmissione è in folle.

Ovviamente, non bisogna trascurare alcuni punti critici messi in evidenza dalla Eq. 3. Il più importante è che, riducendo l’assetto del motore idraulico, il rapporto di trasmissione aumenta, amplificando la velocità della ruota a parità di giri fatti dai pedali, raggiungendo valori numerici che poco si combinano con la realtà tecnica. In particolare, se αm assumesse valore 0, allora il rapporto di trasmissione risulterebbe pari ad infinito! In realtà, almeno nelle applicazioni normali, i motori idraulici sono dotati di un blocco meccanico che impedisce loro di assumere un assetto pari a zero (è prassi comune raggiungere un valore limite di αm pari a 0,2), di conseguenza esisterà un limite massimo al rapporto di trasmissione.

L’inversione funzionale

Un aspetto molto importante, messo in evidenza dalla Figura 3 è che una trasmissione idrostatica, come evidenziato dai simboli impiegati per rappresentare la pompa e il motore, è invertibile, ossia permette di scambiare la funzione che assume il singolo componente idraulico. Proviamo a fare un po’ di chiarezza. La pompa, individuata dalla immagine a sinistra (a) nella Figura 4, mentre il motore idraulico (b) è rappresentato dalla immagine a destra. Come si vede, la pompa idraulica presenta un triangolino nero, che indica la direzione del flusso di lavoro, con il vertice verso l’esterno. Ciò per indicare che la funzione della pompa è quella di aspirare il fluido di lavoro, dal lato dove non c’è il triangolo nero, e generare una portata (non una pressione, che invece è una conseguenza della portata!) che fuoriesce dal componente nel verso indicato dal triangolo.

Figura 4a: rappresentazione schematica di una pompa idraulico
Figura 4b: rappresentazione schematica di un motore idraulico

Il motore idraulico, di converso, presenta un triangolo col vertice rivolto verso l’interno, segno che questo componente, nel suo funzionamento normale, riceve una portata, che entra nella direzione indicata dal triangolo nero, fuoriuscendo dal lato opposto, e genera una coppia motrice. Se confrontiamo le immagini di Figura 4 con quelle di Figura 3 ci rendiamo subito conto di due importanti differenze.
1) La pompa mostra un triangolo con freccia verso l’esterno anche sul lato (bocca) da cui normalmente il fluido entra. Ciò indica che la pompa è in grado di inviare il fluido sia nella bocca in alto ma anche nella bocca in basso. Questo significa che la direzione del flusso idraulico è invertibile e quindi è possibile avere una retromarcia. Se notiamo bene, la stessa cosa è visibile sul simbolo del motore, quindi anche questo può ricevere il fluido sia nella bocca superiore che inferiore, confermando il fatto che anch’esso può dunque far girare l’albero in verso orario o antiorario.
2) La pompa riporta anche i simboli del motore (il triangolo con la punta verso l’interno subito sotto quello con la punta verso l’esterno) e il motore riporta i simboli della pompa. Cosa significa? Beh, questa è una caratteristica peculiare delle trasmissioni idrostatiche, ossia l’inversione funzionale. Significa che una pompa, che normalmente ha la funzione di generare portata, può, in determinate circostanze, funzionare da motore, ossia ricevere portata per generare coppia motrice. Lo stesso per il motore, che da generatore di coppia si trasforma in generatore di portata. Il caso tipico in cui si manifesta l’inversione funzionale è in caso di carico trascinante, ad esempio quando stiamo andando in discesa. Se ci pensiamo bene, è lo stesso identico fenomeno che si ha in una normale automobile, quando usiamo il freno motore, ossia facciamo funzionare il motore da freno.

L’aspetto positivo della inversione funzionale è la possibilità di poter recuperare energia nelle discese. Grazie all’inversione funzionale, il flusso di energia anch’esso si inverte, come illustrato dalle frecce rosse nella Figura 3. Quindi, il componente motore, collegato alla ruota posteriore della bicicletta, inverte la propria funzione e, trascinato dall’inerzia del veicolo che sta, ad esempio, viaggiando in discesa, diventa una pompa, inviando portata al componente collegato ai pedali. Questo, la cui funzione normale è di lavorare da pompa, sempre per effetto dell’inversione funzionale, si comporta da motore, ricevendo una portata e scaricando, ad esempio sul motore elettrico, la coppia risultante. La conseguenza di tutto ciò è che in discesa posso usare l’inerzia del veicolo per trascinare il motore elettrico, facendolo lavorare da generatore, e ricaricando la batteria. Questo recupero energetico è impossibile da ottenere nelle normali biciclette dotate di ruota libera sul pacco pignoni e deragliatore.

La realtà è un po’ più complessa

In conclusione, i due grandi vantaggi che la OYO presenta rispetto ad una classica bicicletta sono dati dalla possibilità di avere un range potenzialmente infinito di rapporti di trasmissione e dalla possibilità di poter sfruttare i tratti in discesa per poter ricaricare le batterie. Restano però alcuni aspetti tecnici che necessitano di ulteriori approfondimenti. Il primo riguarda la tipologia di pompe impiegate. Non sono in possesso di dati tecnici forniti dal costruttore (perché ad oggi non sono stati divulgati), ma posso immaginare che, per via degli ingombri e dei limiti di peso, si sia optato per una pompa a palette, che è compatta e permette la variazione di cilindrata. Se anche il motore fosse a cilindrata variabile, allora anch’esso dovrebbe essere della stessa tipologia, suppongo. Bisogna poi tener presente il servomeccanismo necessario per la variazione delle cilindrate delle unità idrostatiche. È di tipo meccanico o elettrico? Al momento non è stato divulgato. E infine si deve considerare che qualunque trasmissione idrostatica necessita di una pompa di sovralimentazione, che nulla ha a che vedere con i turbocompressori, ma che serve per rimpinguare il fluido che sia pompa che motore perdono sotto forma di trafilamenti che porterebbero il circuito chiuso a svuotarsi durante il normale funzionamento (tranquilli, non sgocciolerete olio per la strada, i trafilamenti fanno parte del modo di funzionare normale di pompa e motore e restano confinanti dentro le loro carcasse, ma devono essere recuperati e rinviati alla trasmissione). Insomma, la realtà è un po’ più complessa di come appare, ma ciò non toglie che la OYO è la prima bicicletta idrostatica che dovrebbe essere messa in commercio. Si tratta di una applicazione davvero innovativa, anche perché comporta tutta una serie di considerazioni non banali che dovranno essere fatte per la progettazione sia della pompa che del motore idraulico, perché i regimi di rotazione e le pressioni di lavoro saranno ben diverse da quelle di una trasmissione impiegata su una macchina movimento terra o su un trattore. Non vedo l’ora di poterne sapere di più.