La terra non l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri padri, ma in custodia dai nostri figli”. Così recita una famosa frase attribuita al capo nativo nord-americano di nome Seattle durante un discorso di risposta al governo coloniale interessato alle terre del suo popolo. Impossibile non condividere e non apprezzare il messaggio capace di toccare nel profondo del cuore con la sua poesia. Tuttavia personalmente credo che siano vere entrambe le parti di questo concetto: senza la visione proiettiva verso il futuro non avremmo rispetto di ciò che abbiamo perché penseremmo che muoia con noi; senza la conoscenza del nostro passato diventeremmo gli stessi che dimenticano il monito di questa famosa frase. 

Questa idea di catena si ritrova in ogni ambito della civiltà, il padre insegna al figlio, poi il figlio diventa padre e così via. L’educazione è a mio avviso l’anello mancante di questa strana società nella quale ci troviamo, troppo basata sul metodo e poco sull’esempio, che invece è protagonista principale nei meccanismi di apprendimento, perlomeno in età infantile (quella più importante). In effetti, dopo le cose cambiano e per completarsi come individui un eccessivo utilizzo dell’esempio può essere addirittura dannoso, ma questo aspetto riguarda periodi avanzati del proprio sviluppo personale. 

Recentemente ho conosciuto una persona che da semplice appassionato di ciclismo ha creato un dispositivo che, se compreso oltre la sua funzione immediata, veicola in sé questo concetto dell’esempio.

Lo potrei definire come un legame tra adulti e bambini, cosa che poi, anche nel pratico, effettivamente è.

Maghik bici bambino
Maghik – Credit: Federico Kuschlan Vivevit

Maghik: come semplificare la vita a genitori e bambini

Ho incontrato Federico Kuschlan (titolare di Vivevit), a Milano, in una delle ultime giornate calde di questo autunno. Mi ha presentato la sua invenzione già montata su diverse biciclette per diverse fasce d’età, diciamo dai due anni fino ai sette. I modelli erano tutti differenti, ce n’era una con le rotelle, una senza, una in legno senza nemmeno i pedali – adatta per i più piccoli – perché  per ognuna ci sono delle piccole differenze in termini di montaggio e di posizionamento del dispositivo. Da padre di due figli ha notato le diverse difficoltà che genitori e nonni devono affrontare quando vogliono portare i loro bimbi in giro con la bici. 

Molti di noi si ricorderanno di quando nostro padre, nonno o zio, ci aiutava a stare in equilibrio tenendoci una mano dietro alla sella o al centro del manubrio: forse non ci pensiamo ma per loro erano piuttosto faticose quelle operazioni; e ancor meno pensiamo allo sforzo di doverci portare a mano la bici in giro, magari lungo una salita che non eravamo ancora in grado di affrontare. Per una persona adulta tenere dal centro del manubrio una piccola bicicletta mentre si muove, mentre si deve guardare la strada e mentre si deve fare anche attenzione al bambino, non è affatto una cosa semplice. La mancanza di infrastrutture come piste ciclabili certo non aiuta, e il dispositivo ideato garantisce maggiore sicurezza anche in tal senso. 

Maghik bici bambino
Maghik – Credit: Federico Kuschlan Vivevit

Nonni, nipotini e biciclette: l’esempio conta

Prendiamo il caso di una nonna che vuole portare la bici al nipotino che è a scuola per poi andare direttamente al parco, e immedesimiamoci. Pochi di noi vivono confinanti con un parco, ciò significa che dobbiamo prima di tutto raggiungerlo. Dobbiamo uscire di casa, affrontare qualche gradino e poi i pericoli di strade e marciapiedi mentre, tutti piegati, trainiamo la bici. Se siamo sfortunati dobbiamo prendere dei mezzi pubblici, attraversando una serie di barriere architettoniche non da poco. Intanto la bici pesa, siamo costretti varie volte a sollevarla per oltrepassare un ostacolo mettendo in conto che possano scontrarci pedali e ruote mentre oscilla. Quando abbiamo quasi raggiunto la destinazione e nostro nipote può salire in sella, dobbiamo comunque continuare a stare attenti, tenendo la bici per il manubrio, piegandoci lungo un lato mentre continuiamo a camminare tenendo d’occhio automobili e semafori: e intanto qualche volta i pedali ci colpiscono al polpaccio.

Questa è la situazione tipo nella quale molti adulti si trovano. Risultato?No, la bici oggi non la portiamo”.

Maghik bici bambino
Maghik – Credit: Federico Kuschlan Vivevit

 

Un evento apparentemente banale che però a lungo andare e puntualmente diffuso non incentiva l’uso della bicicletta tra i più piccoli, proprio quando si forma l’inventario delle nostre tendenze e tutta una serie di impostazioni neuromuscolari che ci porteremo dietro fin da adulti. 

In buona sostanza meno bambini utilizzano la bici, meno adulti lo faranno. Entriamo così senza accorgercene in un circolo vizioso difficile da spezzare che si ripercuote anche in sede decisionale presso le amministrazioni e le relative scelte che compiono riguardo al mondo ciclistico.

 

Non per nulla il suo inventore lo definisce un incrementatore di frequenza d’uso”: ma in cosa consiste? L’idea di Federico Kuschlan è stata quella di proiettare verso l’alto il manubrio, in modo da trasmettervi la nostra forza e direzione proprio come se stessimo agendo su quest’ultimo. In questo modo otteniamo diversi risultati:

  • Evitiamo di stare inclinati lungo un fianco o di sollevare un peso ingombrante, poiché trasportiamo la bici come se fosse un trolley
  • Restiamo ad una distanza e in un punto specifico del fianco della bici che ci permettere di avere un’ottima manovrabilità e di non scontrare alcune parti meccaniche come i pedali
  • Possibilità di coprire maggiori distanze, anche con diverse barriere architettoniche presenti, grazie anche al fatto di avere una maniglia dedicata che ci libera dal pensiero di cercare uno spazio per impugnare il mezzo
  • Possibilità che la bici del bambino sia trasportata tramite una carrozzina o passeggino 

Maghik: come è fatto

Maghik, questo il nome del dispositivo, consiste in un sistema a pantografo: due staffe vengono montate simmetricamente lungo il manubrio e accolgono due barre orizzontali di circa 25-30 cm che possono aprirsi verticalmente di altrettanti cm. Quello che otteniamo è dunque una replica del manubrio ma più in alto, un po’ come se apriste un leggìo girandolo di 90 gradi, ma molto più robusto. Così robusto che si può davvero sollevare la bici senza che il meccanismo subisca deformazioni. Io stesso ho potuto provarlo, e dopo qualche iniziale difficoltà ci ho subito preso confidenza. Il sistema a pantografo come dicevo permette al dispositivo di aprirsi e chiudersi: chiuso è il settaggio che dovrebbe in realtà essere il più frequente, bimbo sulla bici e noi a supervisionarlo; aperto è il settaggio da trascinamento, il bimbo non è in sella e noi dobbiamo arrivare dal punto A al punto B. Da chiuso l’ingombro è del tutto inesistente, l’estetica non è compromessa, la visuale e la sicurezza per il bimbo che pedala rimane invariata. 

In pratica è lo stesso gesto di prendere per mano il bambino ed accompagnarlo, solo che al suo posto c’è la bicicletta.

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Sono circa due anni che Federico Kuschlan lavora a questo progetto, già depositato presso l’ufficio brevetti ma ancora allo stato di prototipo. Curiosamente questo non ha impedito il diffondersi della sua invenzione, visto che molti genitori incuriositi l’hanno prima provato e poi iniziato ad usare. Ancora però sono necessarie alcune piccole modifiche, sia di natura estetica che strutturale: Kuschlan vorrebbe innanzitutto creare anche una versione che si possa maggiormente estendere, così da venire incontro a chi ha una statura notevole; ci sarebbe inoltre da lavorare per capire quale sia il materiale migliore e quale la forma di alcuni elementi. C’è poi il discorso della personalizzazione estetica, per la quale sarebbe necessario uno sponsor che voglia puntare sul prodotto. Maghik è quindi ancora alla ricerca di partership e fondi per sviluppare tutti questi aspetti, e il sito di Vivevit è a disposizione per chi volesse prendere contatto.

Questo incrementatore della frequenza d’uso della bicicletta è un dispositivo semplice, ma non per questo banale. Credo sinceramente che Maghik possa avere un ruolo significativo nell’utilizzo e nella diffusione della bici tra i bambini e credo che il suo pregio più importante sia quello di riuscire a spezzare uno dei tanti circoli viziosi che costellano le nostre vite e che le dirigono passivamente senza che neanche ce ne accorgiamo. Formando oggi i ciclisti di domani, avremo un giorno tante persone che andranno in bicicletta, tante persone, quindi, che i bambini vorranno emulare: ed è importante per tutti che ciò accada.