Potremmo chiamarlo “Bike Plogging” e proporvelo come la nuova frontiera dell’essere amanti della natura oltre che salutisti. Il plogging, una disciplina a dir poco geniale che unisce un altissimo senso civico al desiderio di tenersi in forma, non ha fatto in tempo a prendere piede in Italia che la classica genialità nostrana ha subito iniziato a partorirne delle varianti.
A noi interessa il plogging ciclistico ma c’è chi ha già pensato a farlo in canoa. Prima di tutto, però, capiamo che cos’è, questo “plogging”.
Raccogli e corri
Plogging è la crasi di due termini: il verbo svedese “plocka upp”, che significa “raccogliere”, e l’inglese “jogging” o “running”; il risultato è un termine che fonde l’azione del correre con quella del raccogliere, dunque.
La nascita del plogging è recentissima: si tratta di un’idea nata da un gruppo di persone, in particolare un certo Erik Ahlström, in Svezia che, unendo il proverbiale rispetto per l’ambiente e per l’ordine che accomuna gli Scandinavi, ha pensato bene di integrare nelle proprie sessioni di jogging la raccolta dei rifiuti.
Si corre – che sia per le strade e i parchi della propria città o in campagna – e quando si avvistano dei rifiuti plastici abbandonati vi si piomba sopra senza pietà alcuna: senza interrompere il gesto atletico, si esegue un piegamento sulle gambe (uno “squat”, per essere più tecnici), si raccoglie l’immondizia e la si infila nel sacco che si porta appresso.
Ridicolo? Pare proprio di no: gli esempi in favore si sprecano, dai personal trainer che hanno classificato il plogging come una variante della corsa assai più efficace – è a tutti gli effetti un HIIT, un High Intensity Interval Training, un allenamento che fa bruciare davvero molte calorie – a quanti si sono visti addirittura intitolare un veicolo della raccolta differenziata e conferire il titolo di “Local Hero” da parte delle autorità municipali, come il britannico David Sedaris.
Plogging fenomeno dei social
Il plogging risponde dunque ad un principio semplicissimo che è dilagato, dal 2016 (anno in cui vennero aperti il sito web Plogga e la pagina Facebook dedicata) ad oggi, in tutto il Nord Europa, arrivando nei mesi scorsi a farsi conoscere anche in Italia.
Non è un caso che, ad inizio aprile, all’hashtag #plogging facessero capo oltre 4mila post Instagram: nelle ultime due settimane la notorietà è raddoppiata su tutti i social e i Paesi in cui sta vivendo un boom sono Gran Bretagna, Francia, Germania, Portogallo e Stati Uniti.
Non è d’altronde una pratica difficile da mettere in pratica: come sempre, è una questione di volontà: la stessa che sta alla base del mettersi in moto e vincere la pigrizia, del fare la raccolta differenziata e, più in generale, dell’avere un senso civico.
Di recente la mania è esplosa anche in Italia, grazie anche ad un servizio fatto da Striscia La Notizia, nel quale sono spiegati i benefici del plogging: in quel caso lo sfondo era Milano ma, per fare un altro esempio, il 25 aprile sarà Taranto ad ospitare il Primo Plogging Day italiano.
Ad ognuno il suo plogging: in bici si può?
Se c’è chi, anche prima dell’arrivo del plogging, aveva unito le pagaiate alla raccolta della plastica nel Mar Ligure, non poteva mancare chi avrebbe testato la versione a pedali.
Lo spunto arriva dall’iniziativa italiana di “Let’s Clean Up Europe!”, che abbandona nel 2018 la formula della eco-corsa (un plogging ante litteram) per sposare la bicicletta: vedremo dunque i due promotori – l’ambientalista Roberto Cavallo ed il triatleta Roberto Menicucci – risalire lo stivale per 969 km, da Bari a Chioggia, per spiegare che raccogliere i rifiuti plastici è un dovere.
Il loro sarà dunque un bike plogging, che non a caso coinvolge un trialeta: pedalare, magari anche su sterrato, scendere, raccogliere di corsa quanto i maleducati hanno lasciato in giro e risalire in sella siamo sicuri che richieda un bel mix di fiato, resistenza e capacità cardiovascolare.
Un esercizio stimolante anche per chi è allenato, sebbene si possa ovviamente declinare ad ogni livello: perché non usare una cargo bike o un carrellino in cui depositare le plastiche? Perché non raccoglierle con un bastone telescopico?
Insomma, spazio alla fantasia: l’importante è che ne usciate più sani voi e più pulito l’ambiente che vi circonda.