In bici attraverso il deserto del Nullarbor

Nullarbor

Sto pedalando da troppe ore ormai, da troppi giorni, da troppi mesi. Sono stanca. Ho la pelle bruciata dal sole. Gli occhi piccoli dalla stanchezza. Le gambe continuamente indolenzite. La mente che vaga cercando un pensiero che non mi faccia mollare.

Ma le sferzate di vento caldissimo non mi lasciano in pace e diminuiscono sempre di più la mia andatura già lenta dopo tutti questi giorni in sella.

Sono al 98esimo giorno del mio giro del mondo in bici e i venti mila chilometri pedalati alle spalle si fanno sentire sempre di più.

L’arrivo nel deserto del Nullarbor

Intorno a me il deserto del Nullarbor, a 900 chilometri da Adelaide al sud dell’Australia, che è il terzo deserto che attraverso in questa impresa tanto magica quanto folle.

Un deserto che non ha quasi nessun albero se non qualche piccolo arbusto e dove corre una strada lunghissima con a fianco l’oceano e una linea ferroviaria. Vorrei essere un’aquila per poterlo guardare dall’alto in tutta la sua bellezza e invece mi sento così piccola e stanca in questa immensità della natura del Nullarbor che riesco a trovare pochi pensieri che mi confortano.

Sto quasi terminando i lunghissimi 150 chilometri di una dei rettilinei più lunghi al mondo ma ormai ogni chilometro sembra infinito. Guardo l’orizzonte e poi il conta chilometri. Guardo il conta chilometri e poi l’orizzonte.

Prendo la borraccia in mano per cercare di trovare un po’ di freschezza in questa torrida e lunga giornata di sole e mentre la poso scorgo un puntino giallo all’orizzonte. Sono quasi certa che sia una sorta di allucinazione della mia mente che si sforza di cercare qualche immagine diversa da questa linea infinita e dritta di asfalto.

Nullarbor

Un giapponese che passeggia nel deserto

Ma man mano che vado avanti questo puntino giallo diventa sempre più definito e prende la forma di una persona. Una persona che cammina.

Non mi sembra vero,
una persona che cammina nel deserto del Nullarbor?

Un matto più di me?

Sorrido pensando a questo strano personaggio che mi viene incontro con questo giubottino giallo catarinfrangente e trascinandosi un carretto.

Sto lottando contro il tempo perché sto tentando di diventare la donna più veloce al mondo ad aver circumnavigato il globo in bici, ma i nostri sguardi si incrociano e sono catalizzata da questa figura che ha gli occhi che esprimono una calma interiore incredibile.

Decido di fermarmi. Me ne pentirei amaramente se non lo facessi. E poi non saranno sicuramente 10 minuti a farmi perdere il record. Mi guardo indietro per controllare di non avere nessuno e attraverso la strada con un gran sorriso per andargli incontro.

Dall’altra parte mi accoglie un altro gran sorriso di un signore giapponese di mezza età che sta attraversando il mondo a piedi con delle infradito bucate.

Un carretto con dentro l’essenziale per vivere

Che immagine incredibile e quasi surreale. Ci guardiamo e ci sorridiamo cercando di capire come siamo arrivati a trovarci in questo punto del deserto australiano.

Provo a comunicare con lui in inglese ma non lo parla. Ma non importa perchè non sarà sicuramente questo a fermarci. Mi fa vedere il suo carrettino dove ha disegnato la mappa del suo giro del mondo e poi tira fuori una grossa bandiera su cui fa firmare le persone che incontra.

Mi da un pennarello nero quasi scarico che utilizzo per mettere una firma e pensare che da adesso in poi lo accompagnerò virtualmente in tutto il suo giro del mondo a piedi.

Ha la pelle scura, bruciata dal sole molto più della mia. Si trascina un carretto con dentro l’essenziale per vivere. E’ circondato da mosche e le sue infradito sono completamente consumate.

Ma ha un sorriso difficile da dimenticare. Ci parliamo a gesti e io gli lascio tutte le poche cose che ho con me, come una banana e della cioccolata, ricevendo un enorme arigatò di ringraziamento che ho ancora oggi stampato nel cuore.

Facciamo una foto di rito insieme, ci abbracciamo, gli auguro buona fortuna e riparto per la mia strada  portando dietro quest’uomo dai grandi sogni con la consapevolezza nel cuore che quando si ha il coraggio di decidere di essere sè stessi si raggiungono obiettivi che sembrano impossibili.