Il paraciclismo è ormai una realtà dello sport italiano, sicuramente una delle più vincenti in grado di regalare, in un recente passato, grandi soddisfazioni alla Federazione ciclistica ed al CONI, soprattutto in occasione delle ultime edizioni delle Paralimpiadi. Uno dei maggiori artefici di questo successo è sicuramente Alex Zanardi, personaggio che accende la passione con la sua voglia di mettersi in discussione, il suo modo positivo di vedere la vita, la sua storia personale fatta di ascese, cadute e risalite.
Più di una volta Zanardi ha ricordato come l’incidente che l’ha tenuto sospeso per diversi giorni tra la vita e la morte e che gli ha causato la perdita dei due arti inferiori è stato anche una nuova nascita, in grado di consegnarlo ad una vita ed ad esperienze che non si sarebbe mai sognato di affrontare “nella vita precedete”. Ma la storia di Zanardi è molto simile e contemporaneamente diversa a quella di tanti altri che improvvisamente o lentamente, dipende dai casi della vita, sono stati costretti ad una disabilità più o meno invalidante.
Anche la storia di Paolo Lucarelli meriterebbe di essere raccontata nel dettaglio (se siete curiosi, andata a questo link), così come la sua recente e per certi versa improvvisa scoperta del paratletismo come elemento determinante nella sua vita. Al punto da regalargli un obiettivo per cui combattere: andare alle Olimpiadi di Rio. Paolo racconta nel dettaglio come ha scoperto le handbike, ovvero quelle particolari biciclette (o sarebbe meglio definire tricicli) a tre ruote spinte dalla forza delle braccia, utilizzate dai disabili agli arti inferiori. Un mezzo che proprio Alex Zanardi ha contribuito a rendere conosciuto al grande pubblico. Probabilmente Paolo si è entusiasmato a questa disciplina proprio grazie al campione emiliano e così, nel giro di pochi anni, si è trovato a gareggiare e, perché no, a sperare di raggiungere le Olimpiadi.
Quello che forse non è comune alla vita di altri paratleti, nella loro eccezionale unicità, è che Paolo, diversamente da altri, per acquistare la sua nuova handbike ha chiamato a raccolta la rete e uno dei tanti siti di crowdfunding. Non potendosi permettere di spendere 10.000 euro per un modello da lui scelto, ha aperto una pagina su Indiegogo, ha raccontato la sua storia, ha illustrato il suo progetto e adesso si augura che in molti gli diano la spinta necessaria per arrivare a Rio.
Nell’augurare a Paolo di riuscire a concretizzare il suo sogno (per questo invitiamo tutti ad andare a leggere quello che scrive) gli ricordiamo anche, però, quello che si dice sempre nel ciclismo (come in altri sport): per andare forti non serve la bici ma le “braccia”, tanto allenamento e una grande determinazione.
In bocca al lupo Paolo!
au