Riguardo le notizie legate ai Mondiali di ciclocross e al “doping tecnologico” che ha coinvolto l’atleta Femke Van Den Driessche del team Team Kleur Op Maat, la Wilier Triestina, attraverso il suo Amministratore delegato Andrea Gastaldello, ha preso subito una posizione chiara: “Siamo letteralmente esterrefatti, in qualità di principale partner tecnico, ci sembra doveroso prendere le distanze da questo gesto assolutamente in contrasto con i valori fondanti della nostra azienda, nonché con i principi alla base di ogni competizione sportiva. Davvero inaccettabile che in queste ore l’immagine delle nostre bici stia facendo il giro dei media internazionali a causa di questo spiacevole fatto. Lavoriamo quotidianamente per diffondere nel mondo la qualità dei nostri prodotti e sapere che una bici Wilier Triestina viene meschinamente manomessa ci rattrista molto. La nostra società si riserva infatti di intraprendere azioni legali contro l’atleta e gli eventuali responsabili di questa gravissima vicenda, al fine di salvaguardare il buon nome e l’immagine dell’azienda, contraddistinta da professionalità e serietà in 110 anni di storia”.
Ricordiamo che la ciclista U23 è sotto inchiesta perché i commissari di gara internazionali in occasione dei Mondiali a Zolder hanno scoperto all’interno della sua bici un motore elettrico che l’avrebbe assistita nella pedalata. Dopo anni di insinuazioni, sospetti, mezze verità e rivelazioni di qualche “gola profonda”, alla fine il doping “tecnologico”, come viene comunemente chiamato questo sistema di aiuto fraudolento, è diventato una realtà. Il trucco è stato scoperto grazie ad un particolare sistema in uso ai giudici dell’Unione Ciclistica Internazionale che rileva le onde radio emesse dal motorino.
La ciclista rischia fino a 6 mesi di stop. La prima dichiarazione dall’enturage della belga coinvolta, almeno quanto riportano diversi organi di stampa: “La bici non è della Femke, ma di un tecnico del suo gruppo che l’ha uguale e con la quale si allena spesso. Per errore ho preso la sua…”