Quella di Hero Cycles, nome che probabilmente dice poco ai più, è una parabola che potrebbe, dall’oggi al domani, palesarsi all’industria della bicicletta anche europea sotto forma di un nuovo equilibrio mondiale.

Hero Cycles arriva dall’India, una di quelle realtà che appaiono immediatamente lontane e le cui reali capacità economiche ed industriali sono ammantate di luoghi comuni ed ignoranze tipiche di una visione occidente-centrica.

Per capire però come il CEO Pankaj Munjal sia finito, con tutti gli onori del caso, sotto la lente della testata britannica specializzata CyclingIndustry e di come, sempre in Gran Bretagna, la sua presenza fisica sia ritenuta un’opportunità per lo sviluppo del settore del ciclo, basta guardare cosa è già oggi Hero Cycles.

Si tratta infatti di una delle più grandi manifatture di biciclette del mondo, con un potenziale mercato in casa che è abituato a contare in termini di centinaia di milioni di utenti. Ad oggi la sua fetta di mercato arriva al 5% di share planetario e, tanto per essere chiari, il suo prossimo obiettivo è stabilizzare la produzione annua sui 9 milioni di biciclette.

Si tratta di cifre che fanno impallidire e non è niente in confronto a quanto Munjal ha in mente di fare.

Grazie all’appoggio del governo indiano – che non disdegna di aiutare l’industria di casa sua – con il quale Hero Cycles ha accordi per la fornitura di 1 milione e 200mila bici economiche per le fasce più disagiate della popolazione, quelle che hanno difficile accesso a qualsiasi mezzo di trasporto, intende dare vita ad una “Valle del Ciclo” in grado di rendere Cina e Vietnam mercati non più appetibili per le industrie del resto del mondo.

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La Ludhiana Cycle Valley dovrebbe, da sola, dare al produttore indiano un’iniezione in avanti della capacità produttiva del 60%, facendolo balzare sino all’8% di quota di mercato globale: aggiungeteci che sul piatto ci sono accordi con l’industria high-tech giapponese e taiwanese e capirete che l’intento di Munjal & Co. è di costruire una “silicon valley” della bicicletta che, per numeri, competitività sui costi e tecnologia escluda dalla partita quei Paesi che oggi sono i campioni della delocalizzazione.

Hero Cycles però non si limita a progettare un oligopolio indo-asiatico: a pochi passi da noi, nell’europeissima – Brexit a parte – Gran Bretagna ha aperto infatti il Manchester Global Design Centre, un centro di ricerca gestito dal distributore UK Avocet – guarda caso, acquisito proprio dalla compagnia indiana.

Un discreto biglietto da visita sul mercato britannico, che consta oggi di 3 milioni di bici vendute all’anno, delle quali circa 240mila sfornate da Hero Cycles. L’obiettivo è crescere puntando alla base della platea, quella che permette di smerciare i volumi più grandi: per fare ciò, Munjal crede in operazioni di sostanza ma anche immagine come la collaborazione con la Manchester University ed il suo Graphene Institute per collaborare allo sviluppo di nuovi materiali.

Naturalmente non mancano le e-bike nei piani di Hero Cycles, la cui visione è più che concreta: come lo stesso Munjal afferma nell’intervista a CyclingIndustry, “i trasporti sono una necessità seconda solo al cibo”.

L’India ha una penetrazione della bicicletta nelle abitudini delle persone ancora minimale: è però il mezzo più scontato ed immediato per far spostare i meno abbienti ma anche i più ricchi, che un domani dovranno fare i conti con una nazione che ha serissimi problemi di traffico ed inquinamento.

Lo stesso dicasi per Africa e Sud Est dell’Asia: se a Hero Cycles riesce la combine tra partnership giapponesi, tedesche e britanniche per costituire un polo produttivo tra i più vasti del pianeta, allora potrebbe davvero essere in grado di competere in pole position per la conquista di mercati di scala continentale.

2 COMMENTI

  1. vorrei prendere contatto con Hero cycles vorrei l’indirizzo di posta elettronica grazie anselmi

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