Due ragioni del successo: tecnologia e legislazione 

Quale vento sospinge in poppa la bici elettrica giapponese? Si pensi a questo: Yamaha ha prodotto la prima bici elettrica a livello mondiale nel 1993, immettendo così la tecnologia PAS (Power Assist System) sul mercato di casa quasi 25 anni fa.

Nel primo anno di produzione, furono vendute 30.000 unità equipaggiate con il sistema PAS, tre volte quanto previsto dalla stessa Yamaha.

Quella bicicletta si serviva di batterie al piombo acido, era pesante e non superava i 20 km di autonomia: eppure tra i Giapponesi fu un successo. La tecnologia è stata poi implementata e migliorata costantemente, arrivando a soddisfare sempre più le esigenze dell’utenza.

Il Giappone è poi patria di altre industrie di primo livello nel campo dell’innovazione e non è difficile intuire quanto Marchi del calibro di Panasonic abbiano contribuito a sviluppare anche il campo dell’energy storage – leggi: batterie al litio – in favore anche di questo settore.

In contemporanea si consideri l’assetto favorevole nei confronti dei mezzi di trasporto leggeri ed ecologici della legislazione nipponica, che tra il 2008 ed il 2009 è stata ristrutturata nell’ottica di decongestionare le città dal traffico veicolare.

L’effetto è stato immediato, con una crescita del mercato interno della bicicletta a pedalata assistita dalle 275.000 unità del 2008 alle 335.000 del 2010: un fenomeno poco comprensibile in Nordamerica per via dello scarso appeal delle prestazioni delle e-bike made in Japan, con autonomie mai superiori ai 50-70 km e velocità limitate a 24 km/h ma decisamente riproponibile in Europa.