È uno strano mix quello che ha portato la bicicletta elettrica ad essere una parte integrante della vita dei Giapponesi. Come molti aspetti della vita nella terra del Sol Levante, per noi Occidentali è difficile calarci nell’ottica giusta per capire come, là, l’e-bike sia di casa da quasi vent’anni mentre in Europa solo alcune realtà iniziano a vederne un utilizzo radicato da alcuni anni.
La chiave, forse, sta nella filosofia zen, cui la pedalata assistita si addice.
Bici elettrica, un mezzo di trasporto che (non) sposta gli equilibri
A livello di mentalità, si potrebbe dire che la bici a pedalata assistita sia divenuta comune in Giappone quanto quella tradizionale, se non di più.
Una simile diffusione è senz’altro dovuta ad una serie di componenti culturali già insite nella società del Paese, non a caso propenso a cercare, con largo anticipo rispetto al resto del pianeta, soluzioni che facilitino ed ottimizzino la vita dell’uomo.
Il filo conduttore è quasi sempre lo stesso, fatto di tecnologia e innovazione, con uno sguardo proiettato verso un futuro che vede l’essere umano fare sempre meno fatica: se da un lato i Giapponesi si sono fatti conoscere per l’esasperazione dell’efficienza sul lavoro e per la rigidità di un sistema sociale che non permette sgarri, sprechi e nemmeno spazi (si pensi agli alberghi che affittano posti letto più simili a “loculi” che a stanze per via della penuria di metri quadrati), dall’altro sono un popolo legato a doppia mandata alla filosofia buddhista, che fa dell’equilibrio e della rinuncia i suoi pilastri.
Nel campo della mobilità, l’approccio iper-tecnologico del Giappone si è tradotto in due aspetti: la ricerca sia di tecnologie alternative ai motori a combustione per spostarsi, che di metodi alternativi per spostarsi.
E se i prototipi di “mobilità personale” che traducono l’uomo in una sorta di ibrido androide sono (per fortuna?) ancora soltanto delle applicazioni da vetrina, l’elettrificazione di auto e bici si è invece rapidamente affermata in quanto naturale evoluzione di quanto già diffuso nell’uso comune.
Le prime a sfruttare la passione nipponica per l’innovazione sono state proprio le aziende di casa, tra le più accanite e convinte promotrici della mobilità elettrica a livello globale: si pensi a Toyota, Nissan, Yamaha e Panasonic.
Il mercato interno del Paese asiatico, un po’ come quello della Norvegia per le auto elettriche, si è abituato a vedere bici elettriche da parecchi anni, costituendo una realtà a sé.
Il risultato è che, ad oggi, quello delle e-bike è un vero e proprio boom: nel 2016 il valore del mercato giapponese della pedalata assistita è stato di 4,7 miliardi di Yen, leggibili anche come 550mila unità vendute dalla sola Yamaha Motor Co. Ltd. & Bridgestone Corporation contro le 939mila unità vendute dall’industria automobilista nipponica.
Il paradosso è che la bici elettrica sta persino cannibalizzando l’industria della bicicletta, se è vero che ogni 10 prodotte nel Paese nel 2016, 6 erano elettriche come riportato dalla Japan Bicycle Promotion Unit, l’ente che monitora la produzione interna. La conseguenza è che l’industria di casa si sta focalizzando quasi esclusivamente su questa tecnologia, demandando l’approvvigionamento di bici tradizionali alla Cina.