Dopo il crollo del Ponte Morandi sopra il torrente Polcevera è iniziato un acceso dibattito su quello che sarà lo scenario futuro della mobilità nel capoluogo ligure. Da genovese posso affermare senza timore di smentita che questo incidente provocherà una serie di effetti a catena volti a produrre un tangibile cambiamento negli assetti economici e sociali della città.

Dovremo abituarci a diverse modalità di spostamento e relazione a causa dell’inevitabile congestione del traffico che già comincia ad avvertirsi. Oltre ad un intensificarsi dei trasporti pubblici, in particolare su rotaia, sono nate delle iniziative solidali, come il car pooling (condivisione dell’automobile), viste di buon occhio anche dalle amministrazioni, le quali dovrebbero avere già in programma un piano di sostegno, o come l’iniziativa di Ecomission, un negozio specializzato che ha messo a disposizione 100 biciclette per i residenti delle zone coinvolte nel crollo.

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Senza entrare troppo nel dettaglio, sono due i grandi temi che emergono da questo disastro: il primo riguarda il calcestruzzo armato, un materiale dimostratosi fragile nel tempo su cui forse non possiamo basare tutta la nostra architettura, che deve essere utilizzato con molta attenzione e sottoposto a vigilanza continua durante il suo ciclo di vita; il secondo riguarda invece il nostro rapporto con la mobilità: utilizzare ad esempio mezzi di trasporto a lungo raggio per piccoli spostamenti (come le automobili, ormai sempre più grandi e con sempre meno persone dentro) è sconveniente sotto vari punti di vista.

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Genova potrebbe trasformare la situazione in cui si trova puntando proprio sull’elemento che si prospetta come il più critico:  il traffico. Risolverebbe da un lato i problemi ad esso legati che oggi hanno subito un drastico e improvviso peggioramento, dall’altro si rilancerebbe proponendo un modello di città sostenibile basato su una mobilità alternativa. Una parte di questa, forse tutt’altro che marginale vista la recente esperienza degli incentivi che vedremo tra poco, potrebbe essere occupata dalle bici elettriche. 

 

 

 

Genova e la bici: gli incentivi

Poco prima della tragedia del Ponte Morandi stavo raccogliendo informazioni a proposito degli incentivi che nei mesi scorsi il Comune di Genova aveva messo a disposizione per acquistare e-bike e scooter elettrici. Chi ha visto questa città nel corso dell’ultimo anno non ha potuto fare a meno di notare l’aumento delle biciclette lungo le strade; gli incentivi hanno smosso quello che era un sogno e un bisogno dei genovesi: muoversi agilmente in una città che agile non è. Fa riflettere poi che siano state scelte in maggioranza bici elettriche e non scooter (Genova è forse la città con più motorini d’Italia).

 

genovaLe e-bike (non quindi le bici tradizionali senza pedalata assistita) potrebbero dunque ricavarsi un ruolo importante all’interno di uno sfondo urbano fatto di salite, discese, strette strade e rarissimi parcheggi.

 

 

L’adesione a Genova: i motivi 

Ho rivolto alcune domande agli esercenti per capire meglio quale fosse la situazione: i motivi ad esempio che hanno spinto all’acquisto di un’e-bike, oltre alla convenienza del prezzo ribassato, sono stati principalmente il volersi muovere in modo più veloce, economico, senza incombenze come il bollo, l’assicurazione e la benzina. Alcuni poi hanno anche manifestato interessi ecologisti, che non guastano mai. 

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L’utilizzo di un e-bike infatti comprende tutti questi aspetti positivi e Genova, in questo specifico momento in cui il Governo è forse più permissivo nei sui confronti, sembra un luogo adatto per puntarci su non soltanto per muoversi meglio, ma anche per sperimentare nuove strade, quasi fosse un enorme laboratorio. Un test quindi utile anche per il resto del paese, perché se funziona a Genova (viste le sue criticità), funziona ovunque.

Ad esempio, sarebbe interessante ragionare serenamente sui limiti di velocità delle e-bike, la potenza del loro motore e su eventuali accessori che potrebbero renderle ancor più competitive con altri mezzi  fino ad aumentarne realmente la loro diffusione.

 

L’affluenza dei Genovesi

Per prima cosa ho chiesto qual è stata l’affluenza all’iniziativa dividendo fra tre opzioni di risposta: bassa, media, alta; il risultato non mi ha stupito poiché, nonostante qualche esercente si aspettasse ancora di più, l’adesione della popolazione genovese è stata definita medio-alta. 

Questo è un ottimo risultato, perché significa che c’è interesse e che si può investire nel settore.

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A Genova conta sempre: il prezzo

Un’altra questione che mi interessava comprendere meglio riguardava gli aspetti economici. Se è vero infatti che di solito parliamo di cifre piuttosto alte per le e-bike, è altrettanto vero che non si tratta di semplici biciclette, ma di mezzi elettrici che possono diventare sostitutivi di scooter, autobus e, a volte, anche automobili, il cui costo è ben più elevato.

genovaCon gli incentivi però pare si raggiunga un compromesso accettabile sul prezzo, che spinge all’acquisto e che rende percepibile il vantaggio economico nel medio-lungo periodo. 

Proponendo un costo adeguato alle possibilità economiche, le persone comprano.

 

Anche una questione di età

Anche quando ho chiesto qual è stata la fascia d’età che ha fatto maggiore richiesta non mi sono meravigliato: le persone dai 35 ai 55 anni infatti hanno più disponibilità economica immediata rispetto ad un ventenne, sentono maggiormente il bisogno di tenersi in forma e si sentono anche più liberi dalle convenzioni sociali rispetto ad esempio agli adolescenti. 

Forse è anche giusto così: l’esempio dovrebbe venire dai più grandi.

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Differenze tra sessi

Le richieste sono arrivate in maggioranza da uomini, un risultato in linea con il trend generale che vede i maschi idealmente più coinvolti negli sport rispetto alle donne. Personalmente vedo molte ragazze in bici – ultimamente ancora di più – ma capisco ci siano alcune difficoltà legate ad usi e costumi sociali, come ad esempio alcuni capi di abbigliamento (vedi gonne corte o scarpe col tacco) che non sono esattamente bike-friendly. 

A questo tema se ne allaccia un altro che credo abbia un ruolo significativo. Parimenti alle infrastrutture anche i servizi sono importanti, intesi come supporto dei primi. Aziende, uffici, scuole, ospedali, possono attrezzarsi per accogliere i dipendenti e le loro biciclette tramite stazioni di ricarica, armadietti per il cambio abiti, incentivi personalizzati (magari studiati insieme al Comune) o un bike sharing interno alle strutture. Molto sono le idee, ma molta dev’essere la volontà.

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Dopo questa mia piccola indagine il profilo del ciclista genovese che viene a delinearsi è quello di un uomo sui 40 anni, stufo di impazzire nel traffico, di cercare parcheggio, di spendere soldi in benzina, disposto ad investire un po’ di denaro per migliorare la sua situazione e a cui piace contribuire alla causa ecologista. 

Non so se l’iniziativa degli incentivi avrà un seguito (si dice di si), ma di sicuro si può considerare un esperimento andato molto bene, soprattutto per una città conservativa come Genova (quella degli ultimi decenni). Tutto come sappiamo è sempre in mano alle amministrazioni locali e alle decisioni che intenderanno prendere nel brevissimo futuro, sperando che tengano conto di questa esperienza e del suo significato. 

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Genova deve scegliere: cosa vuole fare da grande? 

Per quanto riguarda la mobilità pulita e le e-bike come abbiamo visto gli incentivi servono, ma non sono sufficienti. Se si vuole puntare su questo settore è necessario un progetto più ampio, cucito appositamente sulla città, che ne proponga un’immagine nuova, riconoscibile dall’esterno e identificativa per i cittadini; una città dall’aria pulita, con poco traffico, in cui sia semplice spostarsi e arrivare al mare poco dopo essere stati a passeggio sui monti.

genovaE’ questo il momento di concretizzare, di non lasciare che i progetti rimangano dei render su internet, che alle parole seguano i fatti e che i fatti siano di interesse collettivo, anche per chi verrà dopo di noi; di guardare avanti e di abbandonare la retorica del passato che vedeva Genova primeggiare in molti campi. 

Genova non è più così da molto tempo, sembra in piedi ma non lo è. E non è nemmeno vero che sia in ginocchio: Genova è seduta. Se vogliamo che si alzi dobbiamo mettere da parte l’orgoglio e rieducarla, ricostruirla punto per punto con una nuova mentalità; lo dobbiamo a noi stessi e a tutte le vittime delle tragedie degli ultimi anni.

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Un particolare ringraziamento a Tracce Bike Shop, Biciclissima, Ecomission, Losi&Losi, Cocchi Cicli, Bike O’Clock e Giuseppina Rubino per le foto.