Quali siano i benefici teorici della mobilità condivisa, ciclabile nel caso specifico, è un ritornello ben noto: la loro trasformazione in denaro sonante fa però un certo effetto. È il Ministro cinese per i trasporti Liu Xiaoming ha divulgare, non più tardi della scorsa settimana, le cifre registrate da Pechino dopo la repentina diffusione dei bike sharing negli ultimi anni.

Senza tralasciare che delle 77 grandi compagnie di servizi legati al mondo della bici condivisa – tutte fondate in anni recenti e, quindi, parte della stessa “bolla” espansiva del settore – ben 22 sono fallite, facendo vittime illustri come BlueGogo, assieme a circa il 30% dei produttori di bici del Paese, Xiaoming ha riportato che sono 23 i milioni di biciclette condivise che sono state messe su strada nell’arco di pochi anni.

Questa massa enorme di cicli avrebbe totalizzato sino ad oggi un volume di viaggi nell’ordine dei 17 miliardi, arrivando a far registrare sino a 70 milioni di salite in sella al giorno prima che il governo intervenisse per porre delle regole ai bike sharing cosiddetto free floating.

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L’industria della bicicletta cinese si è, per via anche dei bike sharing e della loro espansione, assestata su una produzione di un milione di pezzi al mese, ed è innegabile che una così forte influenza sul mercato produttivo stia avendo delle ricadute su tutta l’economia del ciclo di Pechino.

Ricadute, benefiche, secondo Xiaoming, le ha senza ombra di dubbio su altri due fattori: la congestione stradale e la salute.

I dati del governo cinese esplicitano un taglio dei costi provocati dal traffico pari a 2,12 miliardi di euro (16,1 miliardi di Yuan), cui si sommano 200 miliardi di Yuan (25 miliardi e 600mila euro) derivati da cure sanitarie evitate e maggiori benefit sociali.

Certo, i dati di Pechino appaiono sempre un po’ autoreferenziali e non sempre circostanziati ma è innegabile che il bike sharing, applicato poi su una scala così ampia, abbia un impatto potenzialmente positivo sull’ambiente urbano.