Una e-bike non è una moto. Di conseguenza non paga le tasse e non rispetta i vincoli assicurativi ed imposti dal codice della strada tipici di un veicolo a motore. Dove sta la discriminante? La risposta è nel rispetto del limite di potenza fissato a 250 W per i motori elettrici e di 25 km/h di velocità massima raggiungibile; il motore può inoltre solo assistere la pedalata e non sospingere la bici in assenza di sforzo umano.
Tutto chiaro? Pare di no se si parla di e-MTB.
Il white paper di BikeEurope e le critiche inglesi
Il noto portale di informazione BikeEurope ha recentemente pubblicato un libro bianco che riassume le principali regole emesse dall’Europa in materia di omologazione dei veicoli: è da qui che parte la bufera.
Nel testo si intende infatti che, per una scelta di termini non proprio stringenti, quei veicoli che sono nati “primariamente” per l’utilizzo fuori strada o su strade non asfaltate, non sono soggetti ad approvazione secondo le normative europee per la circolazione su strada.
Il punto sollevato da BikeEurope sta proprio lì: “vehicles primarily intended for off-road use and designed to travel on unpaved surfaces” afferma, inequivocabilmente quanto vagamente (perdonate l’apparente contraddizione), che ad essere esclusi dall’omologazione sono da ritenersi tutti quei “veicoli primariamente intesi per un utilizzo fuori strada e progettati per viaggiare su superfici non asfaltate”.
“Primarily” è il termine della discordia, in quanto lascia, secondo BikeEurope, spazio ad interpretazioni “di comodo” da parte di eventuali produttori che volessero ricavare una nicchia di mercato per e-MTB con potenze e prestazioni maggiorate rispetto ai canonici 250W.
La polemica con gli Inglesi è scoppiata perché, pur ricordando che alle norme comunitarie si sommano quelle dei singoli Stati membri, proprio la Gran Bretagna non potrebbe arginare tale eventuale deriva.
Alla risposta categorica della Bicycle Association of Great Britain (BA) e della Motorcycle Industry Association (MCIA), che nega l’esistenza di una “area grigia” che consenta a chicchessia di introdurre sul mercato britannico MTB ad assistenza elettrica con potenze da motocross ma spacciate per bici, con tutte le agevolazioni lato utente e non solo del caso, BikeEurope ha risposto per le rime.
Un pasticcio fatto in casa?
Riprendendo la Regulation 168/2013, il portale sottolinea come la Gran Bretagna non disponga della competenza per categorizzare come motocicli i veicoli in essa descritti, rimanendo impigliata nella dicitura “primarily intended for off-road use…”.
Di conseguenza non sarebbe dimostrato che la legge inglese è in grado di definire senza esitazioni che “any electric mountain bike with power over 250 W and/or cut-off speed above 25 km/h is a motorbike in UK law”, cioè che “ogni mountain bike elettrica con potenza al di sopra dei 250 W e/o una velocità di punta superiore ai 25 km/h è considerata come una motocicletta nella legislazione dello UK”.
BikeEurope, nella sua risposta, fa notare anche come l’ambiguità nel testo originale scritto i sede europea sia stata a suo tempo rilevata con un emendamento volto a chiarire il punto con l’aggiunta della frase “except L1 and L3 vehicles” in fine di periodo.
Peccato che la specifica che avrebbe escluso senza dubbio alcuno le e-MTB di qualsiasi ordine e grado da questa disputa sia stata respinta dall’allora COLIBI/COLIPED (oggi Conebi), l’associazione europea di settore della quale la Bicycle Association fa parte.
Insomma, qualche incomprensione c’è sicuramente stata e rimane in piedi il fulcro della questione: per quanto oggi siano rare le MTB elettriche che sforano i limiti imposti, c’è spazio nelle diverse legislazioni nazionali perché esse siano commercializzate come veicoli ad utilizzo su strade e terreni privati, come per certe moto da cross?
Quanta confusione può ingenerare tutto ciò negli acquirenti, oggi piuttosto vergini nei nostri Paesi, riguardo alla pedalata assistita ed alle e-bike, sempre più somiglianti, in tutte le loro declinazioni, a bici tradizionali?