Lo si potrebbe definire una sorta di Huber per la terza età in chiave ciclistica, solo che questa volta il lucro non c’entra nulla. Anzi, Cycling Without Age (“in bici senza età”) è un’associazione che si basa sul semplice ma mai scontato volontariato per permettere a chi non ha più “la gamba”, come si dice in gergo ciclistico, di esercitare il proprio diritto a “sentire il vento tra i capelli”.

Le radici del movimento sono nate nel 2012 in nord Europa, da un’iniziativa del danese Ole Kassow, che, per consentire agli anziani della sua comunità di continuare a vivere il senso di libertà dato dallo spostarsi in bicicletta, si munì di un risciò per scarrozzarli – gratis, ovviamente.

L’associazione vera e propria, che ha poi preso il nome molto rappresentativo di Cycling Without Age, è decollata nel momento in cui ha suscitato l’interesse della municipalità di Copenhagen, debuttando con i primi 5 risciò ufficiali: oggi CWA è presente su tutto il territorio danese ma, soprattutto, conta aderenti in 37 nazioni diverse.

I numeri forniti dall’associazione restituiscono una fotografia di che cosa sia oggi questo movimento di volontari nel mondo: oltre un migliaio di località coperte, una flotta di 1.500 risciò, 10.000 conducenti.

Gli anziani sinora portati a fare delle ciclo-passeggiate sono stati circa 50mila e, attenzione, come non hanno età i passeggeri (106 anni il più anziano), non ce l’hanno nemmeno i conduttori (89enne il più attempato).

Un fotogramma di un report edito dalla BBC sull’utilità sociale del servizio: in Gran Bretagna sono circa 500mila gli anziani che non escono di casa più di una volta a settimana

Cycling Without Age è un esempio di altruismo che stupisce ma che è significativo: nessun fido viene richiesto, l’affiliazione avviene via web, l’acquisto del risciò tramite un foundraising a carico del volontario. Esiste una formazione per i conducenti, che siglano un contratto con l’associazione nel quale aderiscono ai suoi principi, impostati tutti verso l’altruismo e la valorizzazione del contatto umano tra conducenti e passeggeri.

Uno dei punti cardine è lo scambio di conoscenze tra generazioni diverse, con un’attenzione allo storytelling addirittura incentivato tramite resoconti da condividere con gli altri membri della comunità sui social.

In Bici Senza Età” si pone insomma come un servizio di volontariato a duplice taglio: per gli anziani con problemi di mobilità come modo per continuare a sentirsi liberi di spostarsi in bici e per gli affiliati per crescere dal confronto con persone che hanno potenzialmente molto da raccontare.

Credit: CyclingWithoutAge on facebook

Questa sorta di “risciò sociale” è molto diffuso nel centro-nord Europa e nel nord America: tra i Paesi latini in senso stretto è la Spagna ad avere la concentrazione di aderenti più alta e sarà lei ad ospitare il summit annuale di CWA.

Tra le 450 città nel mondo che oggi contano almeno un affiliato, Barcellona è stata scelta come luogo d’incontro nelle date del 12-13-14 Aprile 2018.

Ma Cycling Without Age ha risciò in Grecia, nell’est europeo e persino uno in Pakistan: in Italia come è messa?

Al momento la mappa dei risciò ne conta 4 nel Bel Paese (praticamente quanti il Canton Ticino da solo), dei quali solo uno già operativo, a Bologna.

Non credete anche voi che in Italia ci sia assai più margine per un’iniziativa del genere?