Si chiama “cycle to work” o “bike to work” ed è la tendenza a sostituire con la bicicletta gli altri mezzi di trasporto normalmente usati dai pendolari. Una questione di cultura della bicicletta ma anche di interessi: si tratta di un modo per decongestionare le città, diminuire l’inquinamento atmosferico e far avvicinare sempre più persone alla bici.

Come funziona il Cycle to work di Free2Cycle

Una dinamica che alle grandi Case del mondo del ciclo non è sfuggito, come testimonia il caso di Free2Cycle, piano di incentivazione all’uso della bici rivolto ad aziende e dipendenti.

Il programma prevede che, da una parte, all’utente venga consigliato l’acquisto di un modello di bici sulla base delle sue effettive esigenze, raccolte da un questionario online, e, dall’altra, che il datore di lavoro partecipi incentivando il dipendente nell’acquisto.

Il tutto in accordo con una rete di rivenditori “di fiducia”, il che genera un tramite diretto tra neo-ciclista, azienda sponsor e venditore.

cycle to work
photo credit: Jan Jespersen Wait via photopin (license)

Il ruolo delle grandi Case ciclistiche

Ecco dunque che entrano in gioco i pezzi da novanta dell’industria ciclistica: in tutti i mercati ma specialmente in quelli che hanno del terreno da recuperare, come la Gran Bretagna, gli schemi di cycle-to-work fungono da volano per attirare nuovi utenti.

Nello UK si è palesato in particolare l’interesse per Free2Cycle di nomi quali Giant, Trek, Scott, Specialized e Raleigh.

C’è chi ne fa una questione di supporto alla mobilità intelligente, chi la ritiene una strategia coerente con l’immagine del suo brand: fatto sta che tutti, dal General Manager di Trek UK, Nigel Roberts, al Managing Director di Specialiozed UK, Simon Homer, concordano nel ritenere assolutamente da incoraggiare le iniziative del genere.

Dave Rainsford, General Manager Scott UK e i Managing Director di Raleigh UK e Giant UK, Pippa Wibberley e Ian Beasant, si aggiungono al coro di quanti sostengono che il Cycle to Work sia un ottimo metodo per cambiare la visione del ciclismo urbano, facendone un’alternativa seria al trasporto a motore e ponendo in primo piano la salute delle persone.

A quanto pare, la mobilità intelligente in città è in grado di fare business oltre che di risolvere localmente problemi contingenti come quello del traffico o dello smog: sempre secondo le Case, a guadagnarci sono anche i rivenditori.