Prosegue la vicenda relativa alle importazioni di e-bike prodotte in Cina che, secondo gli importatori europei, violerebbero le regole di mercato con pratiche di dumping: l’associazione europea dei veicoli elettrici leggeri, la LEVA-EU, ha recentemente pubblicato un editoriale per aiutare le aziende dell’Unione a farsi un’idea chiara sulle strategie da adottare nei prossimi 6 mesi, rispondendo anche alle preoccupazioni di alcuni in merito a possibili dazi retroattivi sulle importazioni.
Va ricordato che la Commissione Europea ha, nei mesi scorsi, notificato all’industria cinese della bicicletta a pedalata assistita l’attivazione di una indagine anti-dumping nei suoi confronti, avviata a seguito della mozione presentata dall’associazione europea dei produttori di e-bike. Questi ultimi sono infatti convinti che la Cina violi le regole del libero mercato finanziando sottobanco le proprie aziende, in modo tale da consentire loro di esportare la merce a prezzi talmente bassi da falsare il mercato d’arrivo.
Ora, però, dopo un iniziale attacco corale contro l’eventualità che le aziende cinesi stessero praticando simili strategie, cosa che i diretti interessati hanno rigettato con forza, si assiste ad una fase di analisi più lucida.
Se, da una parte, governo ed industria del ciclo di Pechino rimandano al mittente le accuse sostenendo l’inesistenza di prove a supporto, anche in Europa c’è chi ha timori a proposito di misure draconiane contro le importazioni dall’Oriente.
Proprio la LEVA-EU, che sta assistendo gli importatori europei nella difesa del dazio AD643 sulle e-bike, ha sentito la necessità di esprimere dei chiarimenti sulla possibilità che l’Unione Europea imponga dei dazi di natura definitiva o temporanea.
Ciò che spaventa una fetta del tessuto degli importatori di bici elettriche è la prospettiva di un’applicazione retroattiva di queste tassazioni: per via della dimensione delle società chiamate in causa, molte riceverebbero un colpo duro da digerire.
Ospite delle pagine di CyclingIndustry.News, il segretario generale di LEVA-UE, Annick Roetynck ha espresso un’analisi della situazione.
In sunto, (l’intervista originale è disponibile in inglese), Roetynck chiarisce subito che i dati certi si fermano al fatto che la Commissione Europea non ha ancora fatto ricorso al diritto di imporre dazi provvisori, cosa che potrebbe legittimamente fare entro una finestra di tempo che si chiuderà il 20 luglio di quest’anno.
Sulla chiusura delle procedura d’infrazione, invece, tutte le ipotesi sono ancora in pista: potrebbero essere applicate delle misure definitive come potrebbe essere ritirato il reclamo o essere risolto senza sanzione alcuna.
Nel dettaglio della questione dei dazi, Roetynck specifica che la loro probabile imposizione in forma provvisoria non corrisponde ad una richiesta immediata di pagamento e che il loro rinnovo è possibile per un massimo di 9 mesi; è, inoltre, entro il mese di scadenza delle misure provvisorie che la Commissione può eventualmente avviare la procedura per determinare delle misure definitive.
Sulla possibilità che queste siano anche retroattive, il segretario esprime un quadro non facile da interpretare ma non del tutto pessimista. Queste tassazioni, che per le aziende più piccole potrebbero essere un serio problema, per essere imposte devono vedere il verificarsi di una serie di condizioni al contorno, vale a dire l’esistenza di una storia pregressa di dumping su quella categoria merceologica, la prospettiva che ulteriori importazioni “dannose” siano in arrivo, la possibilità per gli importatori di presentare osservazioni in merito e la registrazione delle importazioni.
Quel che lascia trasparire l’intervista è che le importazioni di e-bike dalla Cina, oggi già tassate al 6%, non sono finora state registrate, il che farebbe decadere la possibilità di applicare retroattivamente i possibili dazi futuri.
Per scongiurare l’elusione di tali misure, però, la Commissione dovrebbe attivare un’inchiesta e quest’ultima può vedere la luce, secondo LEVA-EU, solo dopo l’imposizione di dazi definitivi: tenuto conto che l’indagine attualmente in corso ha come termine ultimo il 20 Gennaio 2019, Roetynck è del parere che prima dell’estate del 2020 non si percepirebbero effetti materiali.
Le misure anti elusioni in questione, una volta divenute realtà, permetterebbero agli impianti di assemblaggio europei di richiedere un’esenzione dall’importazione di componenti provenienti dalla Cina fin quando il loro valore non superi il 59% di quello dell’unità assemblata.