Non possiamo che essere d’accordo: inchieste, ricerche, interviste e sondaggi sono definibili tali solo quando rispondono a serie e dimostrabili metodologie e oggi, più che in qualsiasi altra epoca, le cosiddette “fake news” puntellano il panorama e richiedono un surplus di attenzione da parte di chi riceve e diffonde notizie: ed è proprio su una recente notizia riportata anche da noi che si è aperta una polemica incentrata sulla veridicità dei dati in essa contenuti.

Si tratta del “sondaggio” che facile.it ha diffuso recapitandolo un po’ a tutta la stampa, le webzine ed i blog – di settore e non – riguardante la correlazione tra l’aumento degli incidenti mortali che coinvolgono ciclisti ed i comportamenti poco prudenti di questi ultimi.

I numeri riportati hanno spiacevolmente sorpreso quanti promuovono iniziative pro-ciclabilità, inducendoli a mettere in discussione e segnalare il comunicato come un falso (“fake”, appunto), ottenendone anche la rimozione da parte dell’Ansa dal suo stream di notizie.

Un’azione probabilmente giusta e motivata, in quanto ciò che facile.it chiama “sondaggio” tale non può essere definito mancando i requisiti dettati in materia dall’Agcom, primo fra tutti la costituzione di un campione significativo rappresentante la realtà nazionale. I dati collezionati sono invece il frutto di interviste ad un campione di 1.000 italiani maggiorenni pescati fra i soli utenti della piattaforma facile.it, non rappresentativi dunque della popolazione nella sua globalità.

Giusto rilevare l’imprecisione, come è giusto prendersela con la moltitudine di mezzi di comunicazione (ci mettiamo di mezzo anche noi) che hanno ripreso asetticamente la notizia, alimentando un focolare di attenzione che, non ci vuole molto ad intuirlo, pende verso gli interessi di chi le assicurazioni le stipula.

Personalmente, in quanto autore del post che riprendeva proprio i dati della ricerca interna (preferisco chiamarla così) dell’hub assicurativo, ritengo giusto segnalare come una parte del mondo giornalistico abbia rilevato l’incongruenza di quel documento.

Sono però anche dell’idea che il pianeta della comunicazione vada sempre osservato con spirito critico, sia quando riporta notizie dubbie, sia quando le rileva.

photo credit: Hindrik S Right Direction #3 via photopin (license)

Rileggendo il nostro post sulla ricerca interna di facile.it penso di non aver preso in giro nessuno: infatti proprio per il tipo di informazioni contenute è stato scelto di non copiare ed incollare l’originale ed è stato chiaramente avvisato il lettore di quale fosse la fonte, ossia una rappresentativa di compagnie di assicurazioni.

Il problema sta nella dicitura “sondaggio” usata in modo equivoco dalla fonte: va però detto al lettore che la metodologia di raccolta ed elaborazione dei dati non era fornita, come non lo è pressoché mai quando i risultati vengono presentati in forma sintetica.

Ciò per dire che è piuttosto complesso discernere dove stia tutta la Verità e che, proprio per questo, noi quando ci limitiamo a “riportare” dei dati, cerchiamo di fornire al lettore un corollario di informazioni che lo aiutino a collocare la notizia nel suo panorama.

Per concludere, mi sento di poter dare una chiave di lettura che va oltre il “processo virtuale” al caso specifico. Le percentuali contenute nel comunicato erano autoreferenziali, specchio di 1.000 interviste fatte ad un campione di frequentatori di quel sito internet. Bene, non meritano dunque la definizione di  “sondaggio” e sono leggibili come una distorsione a favore di chi vuole vendere un prodotto. Fin qui siamo tutti d’accordo.

Ora però vi faccio una domanda: nell’ultimo mese quante volte vi siete trovati, da pedoni, a tu per tu con una bici che inchiodava a nemmeno un metro da voi? Non ricordate nemmeno un ciclista avervi fatto il proverbiale “pelo”, non ne avete mai visti sfrecciare – anche con un certo fastidio per l’ingombrante pedone – sui marciapiedi o andare in due, adulti, il secondo in piedi sul portapacchi e le mani sulle spalle del primo, non esattamente con l’equilibrio di una pattuglia acrobatica, a bordo strada? Attenzione, “adulto” vuole dire anche quello che si chiama gergalmente “ragazzo”, ossia un diciottenne.

Due giorni fa un ciclista urbano, di cui anche la mia città si sta fortunatamente riempiendo, ha tagliato una rotonda, trafficata – erano le 8 del mattino – in pieno centro, esattamente sul diametro.

Ecco, è questo che mi interessa: diamo il giusto nome alle cose ma non cerchiamo di sostenere che un problema non ci sia. Oggi in Italia esiste un deficit di educazione del ciclista, altrimenti non ne vedremmo atteggiarsi come se indossassero il mantello dell’invisibilità di Harry Potter.

Questi atteggiamenti sono pericolosamente sbagliati e rischiano di pregiudicare lo sviluppo di un settore che invece può dare un enorme contributo alla mobilità urbana.

Andare in bicicletta è una chiave per un futuro sostenibile dei trasporti, ne siamo convinti assertori. Bisogna però che il grande pubblico dei neo urban bikers inizi ad entrare nell’ottica che anche la bici è un mezzo di trasporto soggetto a regole.