Analizzando 75 casi provenienti da tutto il mondo, lo studio Le determinanti del successo del bike sharing conduce a risultati che in fondo non sono troppo sorprendenti per chi è dentro l’argomento. Vengono approfonditi molti aspetti legati al tema della condivisione del mezzo a due ruote, in particolar modo si mette in luce il ruolo determinante che hanno le infrastrutture nell’incrementare la fruizione delle città e nel diventare un’attrattiva per chi sente il richiamo di realtà che mettono a disposizione questo tipo di soluzione, affermando come il concetto “voi costruitelo e loro verranno” sia un investimento del tutto sicuro se affrontato nel modo giusto.

Viene altresì sfatato il mito secondo il quale solo su grande scala si possono ottenere buoni risultati, nonostante emerga però che nelle grandi città i fenomeni di condivisione gravitino intorno a importanti nodi infrastrutturali, come grandi stazioni, metropolitane, parcheggi. Non sorprende poi che anche il meteo abbia dimostrato avere un’influenza, esercitando un grande stimolo per questo tipo di mobilità in luoghi dove le temperature sono moderatamente più alte.

Anche i cosiddetti sistemi di scambio “intelligente” (“smart”, come va di moda dire), da noi poco conosciuti, sembrano nascondere risvolti molto importanti. Laddove le bici vengono progettate con una tecnologia incorporata che gli consente di rimuovere la necessità di ancorarla in punti precisi si sostiene di poter ridurre i costi virtù della creazione di stazioni più piccole e maggiormente diffuse sul territorio.

photo credit: Luc Mercelis Barcelona, Bike rent via photopin (license)

Lo studio dimostra però che alle città con una maggiore varietà di dimensioni delle stazioni sono associate prestazioni ridotte degli stessi bike sharing, con un’incidenza negativa sul lavoro degli operatori, sommersi da costi di riequilibrio della rete di stazioni sproporzionati.

Proprio riguardo alle stazioni lo studio diventa molto interessante: “Nel determinare quali fattori influenzano l’utilizzo del bike sharing abbiamo riscontrato che alle espansioni del sistema (aumentando dunque il numero di stazioni e il numero associato di biciclette) non aumentano le prestazioni dello stesso. Un dato significativo, che apre gli occhi su come si tenda a promuovere questo ‘effetto rete‘ ai responsabili politici, senza che vi sia assolutamente alcuna prova a sostegno di questa tesi.”

Infatti, i dati sulla circolazione in città come Bruxelles (177.307 abitanti), Minneapolis (407.207 abitanti) e Brisbane (oltre 2 milioni di residenti), che vantano rispettivamente 323, 169 e 151 stazioni hanno riportato valori di viaggio molto più bassi rispetto a città come Lubliana (poco meno di 300mila abitanti), Dublino (567.422 residenti) e Vilnius (542,664 ab.), che dispongono invece di 33, 49 e 33 stazioni.  Lo studio ha anche scoperto che gli utenti regolari tendono ad utilizzare fino a 11 a 13 stazioni massimo, ossia quelle a cui sono abituati. Ciò significa che quelle nuove spesso hanno scarso effetto sugli utenti preesistenti, nonostante possano essere utili per crearne di nuovi.

C’è poi un capitolo riguardo ai caschi, argomento che non smette mai di suscitare dibattito. Nell’analisi viene detto che “i nostri modelli suggeriscono che le norme sui requisiti del casco penalizzano le prestazioni del sistema”: forse è vero ma la sicurezza è sempre meglio tenerla al primo posto.

 

1 COMMENTO

  1. E’ possibile consultare lo studio che lei cita “le determinanti del successo del bike sharing”? Grazie

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