Sono passati quasi 30 anni da quando il geniale artista bergamasco Tino Sana iniziò a progettare una bicicletta totalmente in legno destinata a diventare un pezzo di storia del design italiano. Attualmente esposta al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano, la bici di uno dei più grandi maestri del legno italiani ritorna in produzione nel 2018 grazie a Chorustyle, progetto creato dall’imprenditore Domenico Bosatelli nato per trasferire la filosofia di centralità del benessere della persona nel design e nell’oggettistica, esaltando il patrimonio artigianale creativo italiano.
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La bici di legno, un sogno dal design futurista
La bicicletta di Tino Sana è infatti una punta di diamante del made in Italy, un’opera unica per pregio, ingegneria e raffinatezza, che riflette la ricerca e lo studio profusi dal suo inventore per crearla. Di chiara ispirazione futurista, uno dei pochi movimenti artistici totalmente italiani, il legno è l’elemento dominante: tavole di faggio e frassino si incastrano tra di loro attraverso forme sinuose che svettano con dinamismo verso una plasticità d’altri tempi (vicina alle opere di Boccioni), tanto da sembrare in movimento anche da ferma.
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Una bici di legno, tra collezione e funzionalità
La sfida di Chorustyle, infatti, è stata quella di restituire la bicicletta alla sua versione originale per quanto riguarda proporzioni e materiali, ma facilitandone le tecniche produttive e aggiornandole agli standard contemporanei creando un prodotto unico, facilmente disponibile all’acquisto. Si è giunti così ad una riproduzione fedele ed accurata, garantita in termini di qualità fino al minimo dettaglio (la wood bike è infatti brevettata in ogni suo aspetto), numerata con punzonatura a fuoco e corredata di certificato di autenticità che identifica ogni singola bicicletta riprodotta.
Un oggetto cult e senza tempo che può soddisfare i collezionisti più esigenti, da oggi in grado di poter acquistare un’opera d’arte rara, fruibile, utilizzabile (magari solo in alcune occasioni), ma che da la possibilità di percepire l’arte non soltanto esteriormente, ma anche interagendovi con il proprio corpo, toccandola e maneggiandola.
Un’opportunità particolare, forse contestabile secondo alcune correnti di pensiero che vedono l’arte svincolata da principi di funzionalità o da forme di utilizzo quotidiano: ma certe volte non è anche giusto sgarrare?
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