Secondo il World Business Council for Sustainable Development, la mobilità sostenibile si definisce come la possibilità di spostarsi nel rispetto della salute umana e riducendo al minimo l’impatto ambientale. Concetti fatti propri anche dalla Comunità Europea che nei suoi documenti pone l’obiettivo agli stati membri di favorire la nascita di una nuova cultura della mobilità urbana che sensibilizzi all’utilizzo di mezzi di trasporto efficienti, puliti, sicuri e capaci di migliorare la qualità della vita.
La bicicletta risponde a pieno titolo a questi requisiti e, con prevalenza nelle regioni del nord Europa, già da alcuni anni ha iniziato a occupare un ruolo centrale nelle politiche di sviluppo dei trasporti cittadini, affiancando la rete di servizi pubblici e ponendosi come alternativa all’auto privata in grado di ridurre il traffico, le emissioni inquinanti oltre che limitare i consumi energetici.
Anche in Italia, seppur con forti ritardi nella definizione di un reale piano nazionale dei trasporti finalizzato a cogliere le potenzialità della bicicletta come modo diverso di spostarsi, inizia a diffondersi un maggior uso delle due ruote seppur in maniera non omogenea sul territorio nazionale.
La bicicletta nelle città italiane: una diffusione disomogenea
Lo testimonia, evidenziando le relative luci ed ombre del panorama delle principali città italiane, il secondo rapporto sull’economia della bicicletta in Italia 2018 “L’A BI CI” realizzato da Legambiente in collaborazione con VeloLove e Grab+.
Lo studio evidenzia che nel nostro paese sono poco più di un milione i ciclisti che usano sistematicamente la bici per percorrere il tragitto casa – lavoro (bike-to-work), per recarsi a scuola o fare la spesa, pari al 3,6% della popolazione attiva, contro una media europea dell’8%. Di questi, 743.000 sono i frequent biker che la utilizzano quotidianamente per andare al lavoro.
Una realtà che comprende punte avanzate come la provincia autonoma di Bolzano (13,2%), il Veneto (7,7%) e l’Emilia-Romagna (7,8%), ed aree a bassa cultura ciclistica come il Molise, il Lazio, la Calabria, la Basilicata e la Sicilia dove la percentuale degli utilizzatori oscilla tra 0,6 e 0,5%.
Malgrado ciò il prodotto interno bici (PIB) generato dall’uso sistematico delle due ruote e comprendente i relativi fatturati e benefit positivi, si stima sia in Italia di 6.206.587,766 euro, un valore che, come rilevano gli estensori dell’indagine, ha enormi potenzialità di crescita.
La sua ripartizione su base regionale evidenzia, tra l’altro, la disomogeneità di diffusione ed utilizzo della bici disegnando una geografia dei territori che penalizza il centro-sud e pone invece in risalto i risultati ottenuti nelle aree del nord-est. In particolare, si osserva che tre regioni, Emilia-Romagna, Veneto e Trentino-Alto Adige, da sole producono un quarto dell’intero PIB del Paese.
Il mercato della bici: numeri e tendenze
Le statistiche annualmente diffuse da Confindustria ANCMA indicano che in Italia nel 2017 (ultimo dato ufficiale), la disponibilità del mercato interno è stata di 1.688.000 bici di cui 148.000 a pedalata assistita.
Al suo interno il settore della bici tradizionale ha accusato una modesta flessione di circa l’1%, un risultato decisamente migliore di quello registrato in Europa dove il calo è stato dell’ordine del 8-9%, mentre le vendite di e-bike sono cresciute del 19% contro una media europea del 17% circa.
Pur non disponendo ancora dei dati 2018, questa tendenza dovrebbe essere confermata con particolare riferimento ad un ulteriore incremento delle bici a pedalata assistita, come testimoniano i risultati seppur parziali diffusi dalle associazioni di categoria di alcuni paesi europei significativi.
L’Olanda, ad esempio, ha chiuso il 2018 con una crescita complessiva del mercato del 5,7% raggiungendo il livello di 1,01milioni di bici vendute di cui ben 409.000 e-bike (+38% rispetto al 2017). Risultato questo, che fa della bici a pedalata assistita la categoria più diffusa nel paese con una quota mercato del 40% e la propone come scelta sempre più logica ed ecologica per gli spostamenti cittadini.
Seppur con dimensioni più contenute, analogo fenomeno si rileva nell’andamento del mercato svedese che nel 2018 ha registrato un incremento del 58% delle vendite di e-bike superando le 100.000 unità su un totale mercato di 532.000 unità.
Non diversa la situazione in Germania dove già nel 2017 una bici acquistata su cinque è stata una e-bike, le cui vendite hanno raggiunto il traguardo delle 720.000 unità conquistando una quota mercato del 19% che, secondo le stime della ZIV, nel medio termine dovrebbe evolvere ulteriormente arrivando al 25%.
In questo contesto, le bici elettriche da città e da trekking ricoprono un ruolo maggioritario (in Germania costituiscono oltre il 70% delle vendite) e tendono a conquistare l’immagine dei veicoli ideali per percorrere piccole e medie distanze in alternativa all’auto.
Tale trend dovrebbe riproporsi anche in Italia dove i segnali sono di una ulteriore crescita della bici elettrica nel 2018 che potrebbe vedere espandere la sua attuale quota mercato valutata nel 8,7% verso una valutazione a doppia cifra.
Il contributo della bici elettrica va a rafforzare l’utilizzo delle due ruote in città e nei centri storici affiancando la bici tradizionale che, nelle versioni city e trekking, rappresenta oltre il 27% del mercato nazionale.
Le infrastrutture
Il grande favore che l’e-bike sta incontrando anche in Italia, mette maggiormente a nudo uno dei nodi cruciali per lo sviluppo della bici nel nostro paese, costituito dalla carenza di adeguate infrastrutture dedicate alle due ruote. Di ciò risente in misura superiore proprio quella parte definita “urban” che necessita di strumenti atti ad aumentare la sicurezza dei ciclisti ed agevolare la percorribilità delle strade.
Il rapporto di Legambiente “ABiCi” 2018 stima che le piste ciclabili nelle città capoluogo coprano in totale 4.170 chilometri (dato 2015) seppur con una distribuzione fortemente disomogenea sul territorio nazionale.
Infatti, utilizzando l’indice dei “metri equivalenti” di percorsi ciclabili ogni 100 abitanti, il rapporto rileva che, a fronte di una media nazionale di 7,04 m eq/100 ab, i valori più elevati si riscontrano per lo più nelle città del nord; la lista è capeggiata da Reggio Emilia con 41,06 metri equivalenti, seguita da Mantova (26,66), Lodi (26,61) e Cremona (26,31), mentre i dati più bassi appartengono tutti al centro-sud dove ben 8 città hanno un indice zero (non dispongono o non danno informazioni) ed altrettante (tra cui Napoli, Salerno e Reggio Calabria) non raggiungono il valore di 1 m eq/100 ab.
Un segnale tangibile di quanto lavoro occorra ancora fare, prima di tutto per diffondere una cultura ciclistica che privilegi l’uso della bicicletta per generare vantaggi sulla salute dei cittadini e contribuire alla salvaguardia dei centri urbani riducendo rumori ed inquinamento.
Un obiettivo che trova la sua forza nell’osservazione che gli spostamenti medi nelle città italiane sono di poco superiore ai 4 km e, addirittura, il 27,6% di essi riguarda tragitti inferiori ai 2 km. Le condizioni ideali, in pratica, per usare la bicicletta.
Occorre comunque dire che negli ultimi dieci anni il numero di chilometri dedicati alle piste ciclabili si è raddoppiato senza però modificare la percentuale degli utilizzatori, rimasta ben lontana da quella dei principali paesi europei, fattore questo che evidenzia, in primo luogo, la necessità di realizzare strutture qualitativamente valide ed integrate in progetti coerenti sul piano urbanistico.
Molto spesso, invece, la realizzazione di una pista ciclabile è vissuta in funzione di esigenze locali, talvolta estemporanee, scisse da una visione più generale che ponga al centro le necessità di spostamento delle persone e favorisca modelli di mobilità sostenibile.
Una nuova mentalità
Nel corso della precedente legislatura è stata finalmente approvata anche in Italia una legge sulla mobilità ciclistica (legge 11 gennaio 2018 n.2) recante “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica”.
Il suo scopo dichiarato nel testo è quello di promuovere l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per esigenze quotidiane che turistiche e ricreative per migliorare l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana, tutelare il patrimonio naturale e ambientale. La legge prevede l’elaborazione di un Piano generale della mobilità ciclistica che sarà parte integrante del Piano generale dei trasporti e della logistica, e si svilupperà sia in ambito urbano e metropolitano che regionale e nazionale.
In particolare, la nuova legge apre alla realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie tra le quali il GRAB (Grande Raccordo Anulare delle Biciclette), la Ven.To (Venezia-Torino), l’anello ciclabile del Lago di Garda, la Ciclovia del Sole da Verona a Firenze, la Ciclovia della Sardegna da Santa Teresa di Gallura a Sassari. Tutte opere che dovrebbero entrare nel tessuto stesso dei territori coinvolti favorendo il cambiamento dell’ecosistema urbano e prendendo in considerazione una nuova forma di mobilità.
Il progetto del GRAB, per la particolarità della macroarea coinvolta e per le sue potenziali ricadute non solo sulla città di Roma, è l’infrastruttura simbolo di come si possa agire sul territorio creando non solo le condizioni di un più vasto e agevole uso della bici ma anche di riscoperta dei luoghi e dei collegamenti della periferia con il centro.
Il GRAB, infatti, oltre a disegnare una pista ciclabile di ben 45 chilometri che avvolge l’intera città, rappresenta, come da più parti osservato, una grande lezione di storia itinerante per la specificità dei luoghi che attraversa e che, possono più facilmente diventare occasioni di incontro muovendosi su un mezzo a dimensione d’uomo come la bici.
In tal senso il progetto si pone come una potenziale attrazione di grande fascino anche sotto il profilo turistico al punto che, secondo stime compiute da Confindustria Ancma, la sua realizzazione potrebbe valere un fatturato annuo di 50 milioni di euro.
Un altro positivo segnale di un possibile cambiamento di mentalità è poi quello che proviene da numerose municipalità che nel redigere i PUMS, Piani Urbani della Mobilità Sostenibile, hanno posto la bicicletta al centro di un percorso virtuoso di riqualificazione ambientale e territoriale.
Si inseriscono in questo quadro anche gli incentivi economici all’acquisto di bici tradizionali ed elettriche stanziati o previsti da molte città tra cui Genova (fino a mille euro per l’acquisto di una e-bike), Milano (bonus rottamazione del 50% del valore sino ad massimo di 2.000 euro per l’acquisto di bici elettriche), Bari (sconto di 150 euro per una bici tradizionale e di 250 euro per una a pedalata assistita), Vicenza e Catania (in entrambi i casi è previsto un bonus di 250 euro per l’acquisto di una e-bike), Bologna (fino a 300 euro per le bici a pedalata assistita), stesse modalità per l’Aquila.
Senza dimenticare gli interventi che ormai da anni vengono attuati nella regione Friuli-Venezia Giulia per promuovere economicamente la diffusione della bici tra i privati, né quelli previsti dalla provincia Autonoma di Trento ed in quella di Bolzano, veri pionieri del settore.
Da rilevare infine come alcuni comuni o regioni abbiano iniziato una politica di incentivazione della mobilità alternativa a favore dell’uso della bici per coprire i tragitti casa-lavoro prevedendo un rimborso per chilometro percorso. Ne è esempio Bari dove il rimborso si aggira sui 25 centesimi a chilometro.
In quest’ottica sembra si stia muovendo anche Roma con l’obiettivo di scoraggiare l’uso dell’auto privata ed ipotizzando un sistema di bonus per chi passa alla bici.