Partiamo da Messina nel pomeriggio, dopo aver passato la mattina ad incrociare camionette della forestale e dei vigili del fuoco, con il rumore dei canadair perennemente nelle orecchie. Perlustriamo le colline dietro Messina e prendiamo le misure della devastazione causata dagli incendi che non sono ancora al stati del tutto domati.
Arriviamo a Trapani ancora con l’odore della cenere nelle narici e un po’ di senso di colpa per non essere potuti essere granché d’aiuto, almeno in questo momento, alla nostra città natale. L’indomani mattina siamo di nuovo in sella, diretti all’Azienda Cucchiara che produce eccellenti formaggi di denominazione protetta, tra cui anche la Vastedda del Belice, un formaggio ottenuto filando la pasta di latte crudo di pecora.
La strada si percorre facilmente tra vigneti e campi di seminativi. Dopo la prima salita, guardando indietro verso Trapani, si può godere della vista degli stessi campi con le isole Egadi ed il Monte San Giuliano a far da sfondo. Raggiunto il caseificio Cucchiara per delle piccole stradine provinciali, è impossibile resistere alla pasta filata calda e ne facciamo incetta prima di rincarare la dose con una bella pasta e zucchine dell’orto offerta dai padroni di casa.
Sulla strada da Salemi a Gibellina Marco si sente più volte male ma riusciamo in qualche modo a raggiungere le Tenute Orestiadi, da dove veniamo poi scortati alla guardia medica. Dopo un’iniezione Marco, esausto, si addormenta sancendo la fine della giornata e, ahinoi, anche la rinuncia a visitare il Cretto di Burri, l’opera di landscape art che riproduce il paese di Gibellina vecchia, distrutto dal terremoto del 1968.
La mattina successiva ci raggiungono Nino e Giuseppe, produttori di una varietà di melone pregiatissima in passato, ora quasi scomparsa. La valle dove viene coltivato e dove i due agricoltori ci conducono è poco più ad Ovest dei piccoli rilievi su cui sorgeva la vecchia Gibellina, tra Gibellina nuova ed Alcamo. Il melone ‘purceddu, oggi Presidio Slow Food, era ricercatissimo per la sua capacità di conservarsi, appeso in una retina o in un fascio di tela, fino a Natale, quando era tradizione consumarlo. Questa tradizione veniva osservata, ci dice Nino, soprattutto a Napoli.
In tarda mattinata approdiamo a Castelvetrano, dove il ‘pane nero‘ è anche presidio Slow Food. Si tratta di un pane casereccio sopravvissuto grazie a panifici ‘clandestini‘, il cui impasto viene tuttora preparato con farina di grano tumminia, una varietà tradizionale siciliana che dona al pane il suo caraterisrico colore scuro. Ne parliamo con Filippo Drago, mugnaio superstar e pioniere del ritorno ai grani tradizionali o ‘antichi’ come si usa dire. La sua azienda, Molini del Ponte, è leader nella molitura e nella commercializzazione delle farine ottenute da quesi grani.
L’azienda Molini del Ponte – ©Marco Crupi
Il giorno seguente, col fresco delle prime luci, bastano poche pedalate per tornare verso Salemi ed imboccare le stradine provinciali che ci porteranno, con sforzi minimi, fino a Mazara del Vallo. È Luglio inoltrato, eppure su queste strade incrociamo appena qualche trattore, di turisti nemmeno l’ombra. La sosta a Mazara è resa piacevolissima dal tempo che trascorriamo con tutta la famiglia di una ragazza che, avendoci seguito su Facebook, si è offerta di ospitarci. Il padre di lei ci fa da Cicerone accompagnandoci per il centro storico dove scopriamo una chiesa a pianta ellissoidale, ammiriamo un magnifico bronzo di satiro danzante ripescato ad oltre 400m di profondità e ci perdiamo per le vie della kasbah.
Quando lasciamo Mazara in direzione Selinunte, con nostra grande sorpresa veniamo fermati da Rosaria e Nino, due nostri fan su Facebook, che ci hanno riconosciuto e ci offrono un caffè. È questo genere di imprevisti che, spezzando i ritmi serrati di questo nostro Viaggio, lo arricchiscono di preziosi momenti conviviali. La giornata ci assiste con venti freschi che accompagnano il passaggio di alcuni fronti nuvolosi e rendono meno faticoso il già pianeggiante percorso fino a Selinunte.
Mentre il sole continua la sua traiettoria discendente entriamo nel parco archeologico più grande d’Europa. Il complesso di Selinunte e delle cave. È un luogo di straordinaria intensità per la sua prossimità al mare (il tempio C troneggia direttamente sulla spiaggia), per la quantità di resti e per la sua vastità che tende a disperdere i visitatori: basti pensare che Marco ed io siamo rimasti soli sotto il tempio di Hera fino all’ultima luce.
Dopo una notte fredda ed umida (incredibile ma vero) facciamo nuovamente rotta a sud-est seguendo la costa, scendendo nella valle del Belice fino ad entrare nel territorio di Agrigento. Si prosegue su e giù per le colline coltivate ad olivi e frutteti. Dopo esserci intrattenuti in campo con un produttore di carciofo spinoso di Menfi (Presidio Slow Food) percorriamo la ciclabile fino a Porto Palo, piacevole località balneare dove ci ritempriamo con un tuffo ed una pennichella.
Carciofo spinoso di Menfi – @Marco Crupi
Nel pomeriggio si segue la stessa ciclabile fino a Menfi, proseguendo poi per Sciacca attraverso sterminati vigneti: Menfi è infatti sede di una importante cantina sociale, la cantina Settesoli, e delle conosciute cantine Planeta. Nei pressi di Sciacca visitiamo un’altro campo dove si coltiva la fragolina di Sciacca e Ribera presidio Slow Food. La storia di questa fragolina è legata alla prima guerra mondiale: pare infatti che alcuni agricoltori di Ribera ne portarono delle piantine dal fronte alpino, avviando una tradizione che sopravvive grazie ad un manipolo di agricoltori i quali si tramandano la tecnica di generazione in generazione.
Fragolina di Sciacca – ©Marco Crupi
A Sciacca siamo ospiti dell’Olivella B&B, struttura dedicata ai cicloturisti. Con Mario, il proprietario, discutiamo della prospettiva di consolidare una rete di strutture come questa su tutta l’isola. A Messina, al B&B Lighea, ospitiamo già regolarmente cicloturisti, nuotatori, kiter e appassionati di mtb. Speriamo a fine viaggio di collaborare direttamente con Mario e la rete Ciclabili Siciliane allo sviluppo del turismo sportivo e ciclistico in Sicilia.
Il nostro arrivo è una buona scusa per Mario, che si offre di inforcare la sua bici ed accompagnarci fino a Caltabellotta: una ventina di chilometri e circa 700 metri di dislivello. Il paese è unico per posizione ed atmosfera. Qui è ambientata la leggenda di un vescovo ed un drago, vi sopravvivono chiese di grande pregio, un eremo e le rovine di una fortezza normanna inespugnabile – il castello Luna. La salita al castello è indimenticabile, su per le scale scavate nella roccia fino a quasi mille metri. Da Aprile a Settembre troverete con buona probabilità anche il famoso scultore Salvatore Rizzuti al lavoro nel suo atelier.
Se Caltabellotta merita una visita, altrettanto possiamo dire di Burgio, che si raggiunge facilmente scendendo di quota a nord-est per una quindicina di chilometri. A Burgio è attiva l’ultima fonderia di campane dell’intera Sicilia. Il titolare, Luigi, è una persona disponibile e se avete fortuna lo troverete al lavoro sugli stampi con le dime ordinate per nota musicale. Se questo non bastasse a suscitare il vostro interesse, l’ex monastero in cima al paese, già di per se una chicca, è sede del museo delle storiche ceramiche di Burgio, con pezzi anche del 1300, mentre nel convento dei Cappuccini, dopo un lungo lavoro di restauro, sono conservate le mummie di frati e personalità locali in vista nel XIX secolo.
Allunghiamo infine fino ad Eraclea Minoa, costeggiando il fiume verdura ed i suoi agrumeti fino ad un’inatteso regalo: si profilano, tra gli eucalipti, i ruderi del castello di Poggio Diana, non lontano da Ribera. Il percorso del fiume è particolarmente tortuoso in questo punto ed il colle dove rimangono le mura perimetrali e la torre circolare del Castello, la cui storia è tra l’altro legata al Castello di Caltabellotta, è tuttora di straordinaria amenità.
Arriviamo ad Eraclea Minoa dopo un tratto di SS115 a scorrimento veloce ed una bella salitina dato che questa piccola località si trova ai piedi di un capo ed una fila di colline costiere, in una pineta che si interrompe al margine della spiaggia. Spiaggia sulla quale montiamo la tenda di fronte all’oasi dell’associazione Mare Vivo Sicilia su indicazioni del presidente Fabio Galluzzo.
Incontriamo Fabio e gli operatori dell’associazione il giorno successivo, non prima di un bel bagno all’alba e a spiaggia deserta. Ci accompagnano nella pineta, parzialmente bruciata da un incendio l’anno scorso e che, grazie ad una collaborazione con l’azienda siciliana foreste ed il lavoro di alcuni artisti è divenuta un’installazione d’arte permanente. Si è svolto qualche settimana addietro infatti il concorso Marine Litter Art, che è consistito nella realizzazione di opere tramite l’utilizzo dei rifiuti rinvenuti in spiaggia e della parte priva di vita del bosco incendiato.