La Tuscany, come chi intraprende il Tuscany Trail ama chiamarlo, non è semplicemente una gara. È una filosofia del pedalare, che in 540 km di salite – quasi 11mila i metri di dislivello – esalta le personalità e le doti fisiche ma anche mentali dei partecipanti.

Per questo seguiremo Davide, detto “Dave”, ballerino dall’approccio ascetico alla fatica, Fausto, ingegnere e critico calcolatore, Matteo, architetto dall’animo punk, e Marco, un iron man nostrano che punta sulla scientificità dell’allenamento.

Quattro amici, con quattro modi del tutto differenti di affrontare un percorso difficile e selettivo, specchi di altrettante anime. Nei loro obiettivi personali ognuno può riconoscersi.

 

Davide “Dave” Ghelli

Davide “Dave” Ghelli, classe 1990, è sicuramente il personaggio del gruppo. Ballerino professionista di boogie-woogie, nella vita di tutti i giorni lavora in un negozio di biciclette. I pedali sono la sua grande passione, tanto da averlo convinto ad intraprendere una strada professionale diversa da quella che i primi anni di università gli lasciavano intravedere.

Preferisco avere più tempo libero per le mie passioni. Sì, perché la bici è e deve rimanere uno sfogo: quando salgo in sella la mia mente si libera del tutto e questo non avverrebbe se non fosse una pura passione“.

Fisicamente minuto, il perché del Tuscany Trail sta tutto nell’ambizione di vedere quanto la testa sarà in grado di sorreggerlo.

Mi sento allenato perché faccio tantissima attività sportiva ma in effetti pedalo poco. Affronterò il Tuscany salita per salita, pezzo per pezzo. Penso che pedalerò molto di notte, col fresco, facendo piccoli riposi ad intervalli regolari. Se riuscissi a chiuderlo in due giorni senza fermarmi sarei l’uomo più contento del mondo“, ha ripetuto più volte.

Dave partirà con una B’twin Rockrider 520 da 27,5” equipaggiata con borse frontali e posteriori, niente al triangolo centrale. Doppi fanali e frontale sul casco per l’illuminazione, amaca per dormire e kit sia per la bici che di primo soccorso. A portata di mano, un pacco di fascette da elettricista: “Con le fascette si possono fare cose inimmaginabili, negli imprevisti sono utilissime“.

 

Fausto Luigi Parodi (a destra) assieme a Marco Mazza (in basso) e Matteo Guidi (in centro).

Fausto Parodi è ingegnere, ha trent’anni e lavora a Milano. Scruta criticamente e riflessivamente ogni dettaglio e, forse anche per questo, lui stesso si definisce “il nerd” della compagnia.

Nell’avventura del Tuscany Trail ci si ritrova anche un po’ per colpa sua, nel senso che il flyer su internet l’aveva scovato lui in tempi non sospetti. Vai a girarlo ai tuoi amici, quasi per scherzo, e vedi che poi ti ritrovi iscritto con uno dei primi pettorali.

Fausto è stato assistente arbitrale di calcio in serie D: arrampicata sportiva e molta bici ne completano il background.

Ho riscoperto la bici non molti anni fa, grazie allo scatto fisso. La cosa paradossale è che di sette biciclette che ho, una per tipo, fino a qualche mese fa non ce n’era nemmeno una adatta al Tuscany. La mtb, in pratica, l’ho comprata apposta per farlo!“.

Fausto affronterà il trail avendo pedalato ogni sera l’andata e ritorno che separa Milano da Pavia, lo spirito è quello di vivere un’avventura in bikepacking ma con prudenza: “La prima notte ho prenotato un B&B, siamo più di 500 e se avessi bisogno di dormire come si deve l’idea di non trovare un rifugio non è il massimo“.

Mtb Orbea Loki con escursione da 120mm all’anteriore, il minimo indispensabile di ricambio e i classici kit di pronto intervento.

 

Matteo Guidi – Credit: Francesco Bartoli Avveduti

Matteo Guidi è l’architetto, il più grande dei quattro – anche se non dimostra di andare per gli “-anta” – con un animo decisamente alternativo, coerente con il suo passato da pro del blading.

Affezionato ad un approccio underground, Matteo non trascura le difficoltà del percorso – fino all’ultimo non si sa se dormirà dove capiterà o se ricorrerà a qualche tappa in B&B – ma, da zoccolo duro dello scatto fisso prima maniera, probabilmente correrà una gara divisa tra il puro sforzo atletico e l’immancabile sigaretta che lo rassomiglia ad una sorta di Jigen del pedale.

Anche per lui equipaggiamento minimo oltre alla Ragley Big Wig hardtail (ruote da 29”, forcella da 140mm), punto di forza il kit attrezzi: Guidi è un MacGyver sotto mentite spoglie, nemmeno perdere la catena della bici per strada può fermarlo.

 

Marco “iron man” Mazza

Infine, ecco Marco Mazza, l’atleta del quartetto, il trascinatore dell’iniziativa. Trentacinque anni, una vita da agonista iniziata nel downhill e proseguita fra triathlon e trail running, con puntate nel surf e nella scalata. Uno che con l’adrenalina ci sa fare, molto abituato a gestire lo sforzo prolungato.

Il mio regalo per i trenta è stato un mezzo Iron Man: portarlo a termine è stata una gioia immensa, malgrado la fatica. Ne sono seguiti altri 4“.

Mi sono voluto allenare il più scientificamente possibile, conosco le mie potenzialità in sella: questa però è la sfida che mi mancava“.

Marco smise di fare DH dopo un brutto infortunio avuto su una scatto fisso, uno di quelli che ti lasciano a casa per mesi.

Oggi posso dire che grazie a quella sfortuna ho recuperato una dimensione assai più divertente del fare sport. Il Tuscany Trail è lo stimolo giusto per rimettermi alla prova: da sfogo all’anima più sporca del mio modo di vedere la bici ma è allo stesso tempo un’esperienza personale e basta. Voglio farlo con il sorriso“.

Marco è il più preparato dei quattro e, valutando i potenziali imprevisti di un’avventura in bikepacking, punterà sul dormire sistematicamente in B&B.

In fondo in fondo, anche gli iron man vogliono riposare.

Hardware al seguito: trail bike Kona Honzo con 120mm di escursione anteriore e, come tutti, borse waterproof di Ortlieb.

 

Che dire, ci siamo: abbiamo un trail che riserva sorprese dietro ogni salita o sterrato, abbiamo 4 persone che, per motivi opposti e con filosofie diverse, lo affronteranno.

Che duri 48 ore o una settimana, siamo sicuri che sarà interessante seguirli. Venite con noi?