Probabilmente non è mai sembrata a nessuno una buona idea e, finalmente, il Consiglio Comunale di Trieste ha cancellato la proposta avanzata nel 2016 dal sindaco Pierpaolo Roberti. Questa innovazione prevedeva, all’art. 6 del Codice della Strada, disposizioni e disincentivi per il parcheggio delle biciclette in area urbana, in particolare che “i vigili potranno tagliare le catene e aprire i lucchetti delle bici agganciate a pali, semafori e ringhiere”. Un voto unanime ha sepolto questo progetto, la cui giustificazione si fondava nel liberare i marciapiedi dalle biciclette parcheggiate per lasciare libero il passaggio ai pedoni.

La Fiab locale (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) si è subito opposta nonostante la norma non sia, per fortuna, mai entrata in vigore precisando di come si sarebbero verificati fenomeni paradossali, dal momento che la delega dei vigili prevedeva la sola rimozione delle catene, esponendo le biciclette ad un rischio furto praticamente assicurato e per il quale nessun pubblico ufficiale sarebbe stato ritenuto responsabile.

Insomma un grosso pasticcio dal quale si è usciti modificando il suddetto articolo, cosicché il divieto di assicurare con catene e lucchetti la bici interessi soltanto semafori, monumenti ed immobili di rilevanza culturale ed artistica. Un alternativa più incline al buon senso che elimina una norma che avrebbe avuto soltanto effetti controproducenti, provocando un malcontento generale tra tutti i triestini, grandi utilizzatori del mezzo ecologico a due ruote.

Tuttavia il caso apre un tema che sempre più spesso emerge, quello dell’ antropizzazione elitaria che non contempla quasi mai spazi di manovra per le nuove forme di mobilità che via via si stanno imponendo nel tessuto urbano e sociale. Un tema che dovrebbe interessare chi progetta, chi si occupa di rendere più vivibile lo spazio che abitiamo con gli accessori che utilizziamo, per incentivare e rendere davvero praticabile quel passaggio verso mezzi che puntano a creare migliori condizioni collettive e che, speriamo, diventino sempre di più inevitabili.

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