La domanda è in agguato: perché non si vedono corridori cinesi nel ciclismo? Con un miliardo e 300 milioni di abitanti (abbondanti) ed una situazione viabilistica ed economica che lascia immaginare larghe schiere di persone spostarsi in bicicletta, pare assurdo che la Cina non abbia che un solo professionista nei ranghi di questo sport.

Invece è proprio questa la situazione e vede Meiyin Wang essere l’unico corridore attivo nel World Tour UCI tra le fila del team Bahrain-Merida.

Prima di lui la storia ricorda un solo altro connazionale, Cheng Ji, per alcuni anni nel giro professionistico e primo Cinese ad aver concluso tutti i gran tour europei.

Molti dei campioni del ciclismo internazionale, che la Cina hanno appena finito di vederla correndo nel Tour di Guangxi, unica corsa nel calendario UCI attualmente presente, sostengono la stessa cosa: in Europa tutti da bambini salgono su una bici, a Pechino e dintorni no.

Screenshot from Tour of Guangxi Facebook

Città congestionate, aria insalubre, poca cultura della ciclabilità in genere: chiunque preferisce scooter o auto, incoraggiato anche dalle politiche statali.

Ma – c’è sempre un “ma” – anche i Cinesi stanno dimostrando un interesse nei confronti delle corse ciclistiche e la dimostrazione è proprio data dal Tour di Guangxi, che ha registrato una massiccia presenza di pubblico.

Gestito dal Wanda Group, è un evento sportivo che può ancora crescere e che ha margini di coinvolgimento nei confronti delle persone molto alti, molto più promettenti di quelli del Tour di Beijing, depennato nel 2014 dall’UCI sebbene stesse ottenendo un minimo di visibilità per le due ruote in terra cinese.

La speranza è che il fascino esercitato dagli atleti sul pubblico cinese porti sempre più ragazzi a voler tentare questa strada: la Cina ha un bacino di utenza enorme che, qualora sfruttato a dovere, potrebbe sfornare campioni di primo livello anche nel ciclismo.

Senza contare il vero obiettivo di queste operazioni, ossia avere un impatto sulla cultura del Paese che, cambiando, aprirebbe un enorme mercato per i brand ciclistici e migliorerebbe la situazione urbana ed ambientale di una discreta fetta di pianeta.