Che cos’è “the dutch reach”? Una mossa marziale, un modo di dire o una filosofia di vita? È grazie ad un divertente video condiviso tra gli altri anche dal Corriere della Sera che scopriamo sino a che punto il rispetto per il prossimo è arrivato in un paese come l’Olanda.

The dutch reach rivela infatti come sia divenuto sentire comune e, dunque, naturale, avere delle attenzioni per i ciclisti, forse anche perché sono tutti anche ciclisti, nei Paesi Bassi.

Che cos’è questa Dutch Reach? Se vogliamo, è una banalità, di quelle che però possono addirittura salvare da sgradevoli traumi.

Cosa si fa normalmente quando si scende dalla macchina? Se non si è troppo distratti o sovrappensiero, si da un’occhiata allo specchietto retrovisore e si apre la portiera. Con che mano? Quella dal lato della maniglia, ovvio; e il risultato qual’è? Che la portiera viene spalancata completamente.

Tutto normale, finché non sbuca da dietro un qualche angolo cieco il classico imprevisto, magari in sella ad una bici e a tutta velocità.

photo credit: voitaco Amstel via photopin (license)

Farsi e fare male a volte è questione di attimi o di gesti di per sé insignificanti.

La dutch reach è l’accortezza di aprire la portiera con la mano opposta rispetto al lato di uscita dal veicolo: in questo modo si ha automaticamente un minor range di apertura ed il movimento obbliga ad una torsione del busto che porta a guardarsi alle spalle, facilitando l’avvistamento di eventuali veicoli o ciclisti in arrivo.

Una manovra semplicissima ma a prova di dimenticanza: non è un caso che in Olanda venga insegnata a scuola guida.

Proprio quest’ultimo dettaglio, il suo insegnamento come buona prassi, rivela quanto la ciclabilità sia ormai penetrata negli usi e costumi dei Paesi Bassi: per una volta, si tratta di un’abitudine che varrebbe la pena di importare.