L’idea è nata tra università e master post laurea, che i due fratelli partner in quest’impresa, hanno conseguito ben distanti da Ahmedabad, uno a Coventry, Gran Bretagna, e l’altro a Pune (sempre India) prima e in Australia, poi, dove ha preso un Master in Business Finance and Risk Management alla Monash University.

Sono trentenni, si chiamano Rahil e Rushad Rupawala e sono i fondatori di LightSpeed Mobility, una start-up che, a seguito della nascita nel novembre 2016, ha oggi 15 dipendenti tra ingegneri meccanici ed elettronici e spera di divenire un riferimento nel mondo della ciclabilità elettrica indiana.

La folgorazione per le e-bike è venuta a Rahil mentre studiava a Coventry, polo universitario in cui le bici a pedalata assistita fanno parte del trasporto pubblico: perché non importarle in India?

Rahil ha studiato proprio Design and Transport, per cui la curiosità verso l’utilizzo di forme alternative di trasporto è in lui naturale. Così ha scoperto che, proprio in Gran Bretagna, il passaggio alla mobilità a pedalata assistita è frenata da due fattori: disinformazione e costi.

Un problema trasversale, che non risparmia nessuna fascia di età; eppure i prototipi che iniziava a studiare con il fratello, divenuto nel frattempo suo partner nell’impresa, riscuotevano consensi.

Il salto è arrivato con il supporto della piattaforma di crowdfunding Fueladream, che li ha aiutati a realizzare le prime biciclette: l’interessamento è arrivato direttamente dal CEO Ranganath Thota, che pare creda molto nelle soluzioni alternative per la mobilità sostenibile.

O, forse, crede molto nelle prospettive commerciali dell’idea dei due fratelli indiani: superata la fase di ricerca e sviluppo, grazie alla quale sono state messe a punto due biciclette, una più urbana ed una maggiormente aggressiva, adatte per caratteristiche e design al mercato indiano e basate sull’uso di materiali prodotti localmente, si apre infatti un mercato potenzialmente enorme.

LightSpeed Mobility ha infatti ricevuto i suoi primi 50 ordini e, adesso, sta progettando di strutturarsi per fare le cose sul serio.

La posta in gioco è infatti alta: l’India, storicamente ingorgata di veicoli di ogni specie e modello, nonché da sempre propensa all’utilizzo delle due ruote, ha da alcuni anni due problemi da gestire che si chiamano inquinamento atmosferico ed energia.

Il governo indiano ha promosso in modo più o meno deciso il passaggio a veicoli elettrici e molte aziende anche di grosso calibro hanno investito nella loro produzione (come la nota Mahindra) anche se, per contro, il Paese soffre in molte aree una grande instabilità delle reti di distribuzione elettriche, dovute ad un’obsolescenza notevole.

La bicicletta rimane probabilmente il mezzo più accessibile alle masse e porta meno problemi infrastrutturali nell’immediato: in mezzo ad un trend comunque positivo per gli Electric Vehicles in India (+37.5% nell’anno fiscale 2016), sono molti i brand a due ruote.

Ampere Electric, Ather Energy, Yo Bykes sono solo alcuni nomi che già offrono e-bike o e-scooter: LightSpeed Mobility non è dunque la sola ma ha davanti a sé una platea di acquirenti grande quasi quanto un continente.