Potremmo chiamarlo “Bike Plogging” e proporvelo come la nuova frontiera dell’essere amanti della natura oltre che salutisti. Il plogging, una disciplina a dir poco geniale che unisce un altissimo senso civico al desiderio di tenersi in forma, non ha fatto in tempo a prendere piede in Italia che la classica genialità nostrana ha subito iniziato a partorirne delle varianti.

A noi interessa il plogging ciclistico ma c’è chi ha già pensato a farlo in canoa. Prima di tutto, però, capiamo che cos’è, questo “plogging”.

Presentazione del plogging in un video del WorldEconomicForum – via Facebook

 

Raccogli e corri

Plogging è la crasi di due termini: il verbo svedese “plocka upp”, che significa “raccogliere”, e l’inglese “jogging” o “running”; il risultato è un termine che fonde l’azione del correre con quella del raccogliere, dunque.

La nascita del plogging è recentissima: si tratta di un’idea nata da un gruppo di persone, in particolare un certo Erik Ahlström, in Svezia che, unendo il proverbiale rispetto per l’ambiente e per l’ordine che accomuna gli Scandinavi, ha pensato bene di integrare nelle proprie sessioni di jogging la raccolta dei rifiuti.

Credit: Plogga via Facebook

Si corre – che sia per le strade e i parchi della propria città o in campagna – e quando si avvistano dei rifiuti plastici abbandonati vi si piomba sopra senza pietà alcuna: senza interrompere il gesto atletico, si esegue un piegamento sulle gambe (uno “squat”, per essere più tecnici), si raccoglie l’immondizia e la si infila nel sacco che si porta appresso.

Ridicolo? Pare proprio di no: gli esempi in favore si sprecano, dai personal trainer che hanno classificato il plogging come una variante della corsa assai più efficace – è a tutti gli effetti un HIIT, un High Intensity Interval Training, un allenamento che fa bruciare davvero molte calorie – a quanti si sono visti addirittura intitolare un veicolo della raccolta differenziata e conferire il titolo di “Local Hero da parte delle autorità municipali, come il britannico David Sedaris.

 

photo credit: Wouter de Bruijn Untitled via photopin (license)

Plogging fenomeno dei social

Il plogging risponde dunque ad un principio semplicissimo che è dilagato, dal 2016 (anno in cui vennero aperti il sito web Plogga e la pagina Facebook dedicata) ad oggi, in tutto il Nord Europa, arrivando nei mesi scorsi a farsi conoscere anche in Italia.

Non è un caso che, ad inizio aprile, all’hashtag #plogging facessero capo oltre 4mila post Instagram: nelle ultime due settimane la notorietà è raddoppiata su tutti i social e i Paesi in cui sta vivendo un boom sono Gran Bretagna, Francia, Germania, Portogallo e Stati Uniti.

Non è d’altronde una pratica difficile da mettere in pratica: come sempre, è una questione di volontà: la stessa che sta alla base del mettersi in moto e vincere la pigrizia, del fare la raccolta differenziata e, più in generale, dell’avere un senso civico.

Di recente la mania è esplosa anche in Italia, grazie anche ad un servizio fatto da Striscia La Notizia, nel quale sono spiegati i benefici del plogging: in quel caso lo sfondo era Milano ma, per fare un altro esempio, il 25 aprile sarà Taranto ad ospitare il Primo Plogging Day italiano.

Un campione del bike plogging cinese? photo credit: Go-tea 郭天 Crush via photopin (license)

 

Ad ognuno il suo plogging: in bici si può?

Se c’è chi, anche prima dell’arrivo del plogging, aveva unito le pagaiate alla raccolta della plastica nel Mar Ligure, non poteva mancare chi avrebbe testato la versione a pedali.

Lo spunto arriva dall’iniziativa italiana di “Let’s Clean Up Europe!”, che abbandona nel 2018 la formula della eco-corsa (un plogging ante litteram) per sposare la bicicletta: vedremo dunque i due promotori  – l’ambientalista Roberto Cavallo ed il triatleta Roberto Menicucci – risalire lo stivale per 969 km, da Bari a Chioggia, per spiegare che raccogliere i rifiuti plastici è un dovere.

Una deriva utile ma davvero “hard” potrebbe essere l’incontro tra plogging ed enduro… photo credit: Bardsworld Water bottles via photopin (license)

Il loro sarà dunque un bike plogging, che non a caso coinvolge un trialeta: pedalare, magari anche su sterrato, scendere, raccogliere di corsa quanto i maleducati hanno lasciato in giro e risalire in sella siamo sicuri che richieda un bel mix di fiato, resistenza e capacità cardiovascolare.

Un esercizio stimolante anche per chi è allenato, sebbene si possa ovviamente declinare ad ogni livello: perché non usare una cargo bike o un carrellino in cui depositare le plastiche? Perché non raccoglierle con un bastone telescopico?

Insomma, spazio alla fantasia: l’importante è che ne usciate più sani voi e più pulito l’ambiente che vi circonda.