Riparare una bicicletta “da viaggio” e i freni a bacchetta

La bicicletta da viaggio è una “macchina” di precisione; quando è perfettamente a punto è affidabile, confortevole, robusta.
Tuttavia queste caratteristiche possono essere assicurate solo mediante un montaggio ed una manutenzione competente; la bicicletta tollera molto male errori di montaggio o manutenzione: basta un particolare mal montato o mal regolato, o un ricambio, anche minimo, diverso dall’originale, e tutto l’insieme comincia a funzionare male.
Poiché oggi non sono molte le biciclette di questo tipo in circolazione, prevalentemente piuttosto anzianotte,  i giovani riparatori non solo non conoscono tutte le astuzie per un montaggio preciso, ma neppure dedicano alle operazioni di manutenzione, che obbiettivamente sono più lunghe, tutto il tempo necessario.
A ciò si aggiunga che i ricambi originali non sono più reperibili, pertanto occorre adattare ricambi non originali o di recupero: se non si conosce alla perfezione la funzione di ogni piccolo particolare anche una minima differenza tra la parte originale e quella in sostituzione può portare a fastidiosi o pericolosi malfunzionamenti; risultato: riparazioni approssimative e ciclisti scontenti che accusano la “bicicletta che è vecchia”, mentre dovrebbero accusare l’incompetenza di chi ci ha messo le mani.
Come accennato in precedenza, particolare attenzione dev’essere posta alle filettature, in quanto esistevano (ed esistono) alcune parti in cui il progettista si è sbizzarrito nella scelta della normalizzazione da adottare; un piccolo esempio: le viti che fissano la tiranteria e i portapattini dei freni.
Solo gli appassionati possono permettersi il tempo e il costo per ricercare il ricambio adatto sui mercatini dell’usato; ed occorre anche una certa competenza nella scelta.
I problemi sopra accennati si verificano principalmente sul funzionamento dei freni che, come diremo, richiedono montaggio  e regolazione estremamente precisi.
Per questo motivo ad essi dedicheremo i capitoli seguenti.

Tipologie di freni

Poiché l’elemento caratterizzante delle biciclette da viaggio sono i freni a bacchetta, ad essi dedicheremo la maggior parte della presente discussione.
Cominciamo ad esaminare le tipologie esistenti; potremo distinguere tra:
– freni con tiranteria tutta esterna al telaio, tutta interna, o mista (anteriore interna, posteriore esterna: es. Taurus, Maino); le biciclette con tiranteria posteriore interna sono molto ricercate dagli amatori per la raffinatezza delle soluzioni, ma richiedono una rara competenza per la manutenzione, che peraltro è molto infrequente;
– freni con tiranteria esterna posteriore posta alla sinistra del telaio (la maggior parte), o posta sotto o a destra (Dei,Taurus);
– freni con fissaggio rotatorio al telaio dell’archetto porta pattini (detto anche “staffa”, “cavallotto” o “ponticello”), mediante levette (o “bilancini”) rotanti su perni avvitati al telaio (freni tipo R: tale denominazione, inizialmente riferita solo al tipo ora descritto, si è venuta man mano estendendo a tutti i freni a bacchetta, al relativo manubrio, e poi a tutta la bicicletta; per cui ora si parla comunemente di bicicletta R per indicare la bicicletta da viaggio); oppure scorrimento della parte terminale dell’archetto in apposita guida (freni Philips o Eureka), eventualmente con molla di ritorno incorporata (“pistoncino” tipico delle Bianchi di maggior pregio). Per non parlare di soluzioni rare, quale il freno Gloria più sopra menzionato, in cui le bacchette agiscono, tramite biellette, su un sistema a pinza tipo “cantilever”;
– freni con una leva di comando per il freno posteriore ed una per quello anteriore; e freni con una leva di comando per il freno posteriore ed una che agisce su entrambi, con limitatore di forza anteriore (sistema Dei Imperiale);
– freno posteriore in alto, con archetto fissato ai foderi obliqui, ad un palmo sotto la sella (la maggioranza), o freno posteriore in basso, con archetto fissato ai foderi orizzontali, dietro la pedaliera (esempio: Taurus);
– manubrio con aste di comando interne (la maggioranza delle biciclette italiane), oppure con aste esterne al manubrio (“esposte”), sistema inglese, olandese, cinese, indiano, ecc.;
– molla di ritorno del freno posteriore di tipo a torsione in prossimità dell’ultimo bilanciere della tiranteria (soluzione più comune), o di tipo a compressione posta attorno all’asta dell’archetto (Dei), o posta nei “pistoncini” (Bianchi); quest’ultima si trova anche nel freno anteriore con “pistoncino”, mentre in quello anteriore con “bilancini” esiste una molla a compressione fissata in un tubetto avvitato esternamente al manubrio (soluzione comune), o situata internamente al manubrio su alcuni modelli (Dei).

Non potendo esaminare in dettaglio tutte le soluzioni esistenti prenderemo ora in considerazione 4 tipi abbastanza frequenti.
A)  Il freno “standard”, montato sulla maggior parte delle biciclette tipo R, è costituito da:
– tiranteria del freno posteriore posta a sinistra del telaio e al suo esterno, azionata dalla leva sinistra;
– archetto posteriore alto fissato ai foderi obliqui poco sotto la sella;
– tiranteria del freno anteriore esterna e davanti al canotto forcella, azionata dalla leva destra;
– le estremità inferiori di ogni archetto porta pattini sono collegate al telaio mediante 2 piastrine (“bilancini”), lunghe 3-4 cm e spesse 2-3 mm; ciascuna piastrina riporta 2 fori nei quali scorrono 2 perni: un perno è costituito da uno speciale dado che si avvita in una filettatura saldata al telaio, l’altro perno è costituito dalla vite che fissa il pattino frenante all’archetto; vedremo in seguito come sia fondamentale il disegno delle due viti sopra citate, e come da un errato montaggio di esse, o da una loro sostituzione con viti inadatte, possa dipendere il non funzionamento dei freni; altrettanto dicasi per piastrine con forma, fori, lunghezza e spessore diverse dalle originali;
– la tiranteria è costituita da uno o più “manovellismi” piani (manovellismo è il termine tecnico per indicare un dispositivo costituito da una manovella (con movimento rotatorio), una biella, una seconda manovella, oppure un “glifo” oppure un “pattino” (con movimento lineare); per ulteriore approfondimento consultare un testo di meccanica applicata).

B) Il freno Bianchi, utilizzato però anche da altre marche; è simile al precedente, con le seguenti differenze:
– l’archetto non è incernierato a 2 piastrine rotanti (bilancini), ma scorre in due guide cilindriche saldate ai foderi della forcella, posteriore e anteriore, che contengono le molle di richiamo; su alcuni vecchi modelli esiste una vite di regolazione fine del gioco posta sopra l’archetto posteriore;
– i pattini possono essere ruotati verso l’esterno attorno agli archetti, previo allentamento della relativa vite, per semplificare l’estrazione della ruota;

C) Il freno Dei, montato soprattutto sul famoso modello “Imperiale”, ma anche su altri modelli della Casa milanese (da anni il marchio appartiene alla Società padovana Rizzato, che l’ha recentemente ceduto); esso è così costituito:
– leva sinistra che comanda solo il freno anteriore; leva destra che li comanda entrambi;
– freno anteriore con molla di richiamo cilindrica nel manubrio; una seconda molla è inserita nel tirante con funzione di limitatore di sforzo;
– freno posteriore con tiranteria destra/inferiore, con molla di richiamo cilindrica inserita sull’asta dell’archetto porta pattini, dove è pure posizionata una vite di registrazione;
– archetti fissati al telaio con il sistema a “bilancini”, con viti di particolare foggia non intercambiabili con quelle di altri freni;

D) Il freno Taurus (mod. 27 e simili) è costituito da:
– freno anteriore con tirante interno al canotto sterzo, azionato dalla leva sinistra;
– freno posteriore con tiranteria a destra del telaio, azionato dalla leva destra;
– archetto porta pattini posteriore situato dietro la pedaliera (quindi più esposto al fango), fissato ai foderi orizzontali;
– archetti fissati al telaio con “bilancini”;

Funzionamento del freno standard

Per il corretto funzionamento della tiranteria dei freni è indispensabile che:
– tutti gli organi con movimento rotatorio ruotino liberamente attorno ad assi (perni) tra loro paralleli;
– tutti gli organi con movimento traslatorio si muovano liberamente lungo assi perpendicolari ai suddetti assi di rotazione;
– tutte le viti che serrano gli snodi consentano, una volta serrate, il libero movimento relativo degli organi del manovellismo; è fondamentale pertanto che dette viti riportino un “ribasso”, ossia una parte cilindrica sotto la testa con diametro maggiore di quello della filettatura, e, cosa ancor più fondamentale, lunghezza superiore allo spessore dell’organo che deve poter ruotare; la testa della vite non deve cioè andare in battuta contro l’organo rotante;
– non debbono crearsi giochi eccessivi nella tiranteria, pertanto il diametro del “ribasso” delle viti (perno) dev’essere adatto (minimo gioco) a quello dei fori in cui scorrono;
– le molle di richiamo debbono essere efficaci, in grado di vincere gli attriti, che sono minimi solo quando tutta la tiranteria è ben regolata;
Molto spesso una o più delle suddette condizioni non sono verificate, vuoi per cattiva regolazione, vuoi per sostituzione di parti con altre non originali, vuoi anche per cattiva progettazione, specie su biciclette più recenti.

Ecco alcuni esempi di cause di malfunzionamento che abbiamo spesso riscontrato:
– i supporti saldati al telaio hanno asse non perpendicolare al piano di simmetria del telaio (ad esempio, i supporti dei perni dei “bilancini” sono saldati perpendicolari ai foderi delle forcelle, che però non sono paralleli tra di loro, pertanto detti assi sono obliqui);
– come detto poc’anzi, le viti che stringono i pattini all’archetto (biella) debbono fungere anche da perno per il “bilancino” (manovella); pertanto sotto la testa della vite esiste una parte di gambo non filettato (“ribasso”) che, una volta serrato a fondo, deve avere lunghezza superiore allo spessore del bilancino che attorno ad essa deve ruotare: quando si cambia il pattino, la nuova vite venduta con esso può avere tale parte troppo corta, per cui la rotazione viene bloccata serrando la vite; il riparatore sprovveduto tende allora a svitare di un paio di giri la vite, che durante il funzionamento si sviterà certamente;
– stesso discorso per tutte le viti che serrano i perni di rotazione;
– la distanza tra le superfici interne dei bilancini destro e sinistro, una volta fissati al telaio, è diversa dalla distanza tra i piani esterni dell’archetto: serrando le viti dei pattini si deformano pertanto in modo eccessivo o l’archetto o i bilancini, con indurimento o bloccaggio del movimento;
– l’archetto ha larghezza non adatta alla larghezza del cerchio; poiché i pattini debbono scorrere su una porzione ben definita del cerchio, ogni larghezza di cerchio deve avere un archetto di larghezza adatta; quando questo non avviene si ricade nel caso precedente, o può verificarsi che il pattino tocchi contro i raggi, oppure il pattino agisce troppo all’esterno del cerchio;
– la superficie dell’archetto su cui scorre il bilancino non è complanare al movimento di quest’ultimo, con possibilità di bloccaggio;
– le leve (manovelle) ed i tiranti (bielle) debbono lavorare il più possibile perpendicolari tra di loro; spesso quando una leva è doppia, agisce cioè su due tiranti, tale condizione è verificata per un tirante ma non per l’altro, e occorre procedere ad un’accurata registrazione della lunghezza dei tiranti;
– nel caso di leva doppia (in prossimità dello snodo presso il tubo sterzo, di quello presso la scatola movimento, e di quello sotto la sella), l’angolo formato dalle due leve dev’essere uguale all’angolo formato dai due tubi del telaio ai quali i due tiranti sono paralleli; questa condizione spesso non è verificata se è stata sostituita una leva doppia con un’altra non originale (non vogliamo pensare ad un errore di progettazione, peraltro sempre possibile);
– filettature “spanate”, specie su viti saldate al telaio, quindi difficilmente sostituibili;
– molla rotta o snervata (meno frequente di quanto si possa pensare);
– leve del freno piegate, sia involontariamente (cadute) che volontariamente, da meccanici incompetenti, che hanno tentato di compensare un guasto situato altrove deformando la leva di comando al fine di aumentarne la corsa
– altri danni procurati da meccanici inesperti che hanno tentato di ovviare ad un inconveniente creandone uno nuovo (ad esempio, danneggiamento di una molla nel tentativo di renderla più rigida per vincere resistenze causate da cattiva regolazione: occorreva “sbloccare” il meccanismo, non toccare la molla);
– esiste un’eccezione ai criteri di perpendicolarità esposti qui sopra; alcuni sistemi (Philips, Eureka) adottano un archetto leggermente flessibile, le cui estremità scorrono in due guide non parallele, ma convergenti verso l’alto dell’archetto: quando si frena ciò comporta una deformazione elastica dell’archetto, nel senso che i pattini, oltre che avvicinarsi al cerchio in senso radiale, si avvicinano tra di loro in senso trasversale; con ciò si ottiene che le forze frenanti applicate dai due pattini non siano parallele tra di loro, ma convergenti, con miglior appoggio del pattino sul cerchio, tenuto conto dell’effettivo profilo dello stesso.