La misura dell’assetto del ciclista più sottovalutata? Sicuramente il dislivello sella-manubrio.

Un parametro troppo spesso regolato con superficialità e con l’influenza di luoghi comuni: chi abbassa al massimo il manubrio per estetica, chi lo alza al massimo per scaricare la schiena.

Cerchiamo di analizzare oggettivamente questa misura FONDAMENTALE per il comfort e la prestazione in sella.

Sicuramente un dislivello sella-manubrio troppo generoso rischia di portare con sé un fastidioso dolore lombare, dovuto ad una eccessiva compressione vertebrale (non dimentichiamoci che in posizione corretta, in un individuo normopeso senza patologie, il carico sui dischi lombari è di 450kg/cm²).

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Ma è vero che un dislivello modesto scarichi la schiena? Assolutamente NO. La andrà a caricare sia nella parte lombare sia nella parte cervicale.

Con un manubrio troppo alto, infatti, si avrà la parte lombare quasi perpendicolare con il terreno. In questo modo tutte le vibrazioni e le sconnessioni saranno scaricate su questa zona della schiena. La fascia lombare non sarà più in scarico e tutti i muscoli paravertebrali si contrarranno per proteggere la colonna, causando indolenzimenti in questa zona.

Inoltre, come anticipato sopra, si rischiano indolenzimenti alla cervicale. Troppo spesso nel scegliere la misura di questo parametro si tiene in considerazione solo la flessibilità del bacino e della fascia lombare, senza tenere minimamente conto della lunghezza degli arti superiori. In questo modo, come ben descritto nel precedente articolo sui problemi al trapezio, le braccia non troveranno sfogo causando una adduzione scapolare con conseguente contrazione del muscolo trapezio.

In questo articolo mi sono limitato a spiegare solo l’influenza del dislivello sella-manubrio sulla parte superiore del corpo; nel prossimo parlerò di come questa misura possa intervenire anche nella pedalata.