Ci sono alcuni spunti interessanti nel lavoro pubblicato recentemente da ANCMA e che ha riscosso una certa eco soprattutto nella parte relativa l’andamento del mercato della bicicletta. Tutti si sono affrettati a riprendere la versione del comunicato stampa: “diminuisce la vendita di bici, meno di altri settori, bene il mercato dei componenti…”.
Per capire meglio lo spirito dello studio realizzato da GFK Eurisko per Confindustria ANCMA, ho chiesto chiarimenti a Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo per la stessa ANCMA. Mi ha risposto categorico: “Il mondo sta cambiando; si fa un gran parlare di bicicletta ma i negozianti non sembrano essere pronti per poter affrontare questa nuova ondata di neofiti. Sanno vendere le bici a chi le conosce già ma a chi non le conosce fanno fatica o non riescono a mettersi in relazione con loro. Morale, il cliente va da un’altra parte…”. Come dire, il calo non è dovuto solo alla crisi economica che morde, ma ad un problema nella “catena di vendita”. L’affermazione di può apparire esagerata, ma guardando i dati non si può che condividere.
Partiamo prima di tutto dai tipi di biciclette: nel totale vendite a conquistare il primo posto sono le mountainbike (30%), seguite dalle trekking o city bike (32%), le bici da bambino (18%), i prodotti da corsa (7%), le classiche (10%), le elettriche (3%). Le biciclette a pedalata assistita hanno segnato il +9,5%, rispetto al 2011, confermando di essere un fenomeno in espansione soprattutto nelle grandi città. Neanche tanto tempo fa non era così, questo vorrà dire qualcosa…
Nello studio di GFK c’è un grafico che meritano una riflessione, quello relativo il peso delle diverse categorie merceologiche nell’attività di un negozio. La sola vendita delle bici compre poco meno del 50%. Un dato che disegna in qualche modo la nuova tendenza della clientela. Non è solo una questione economica legata alla crisi, ma anche filosofica. La bici è un bene storico, che non deperisce e che può essere personalizzato facilmente. La concezione stessa del mezzo è cambiata in questi anni, soprattutto sulla scia di movimenti culturali come “salvaiciclisti” o, prima ancora, “critical mass”. La necessità di sperimentare forme nuove (o antiche, dipende dai punti di vista) di spostamento, la volontà di abbandonare la dipendenza dal petrolio e di riappropriarsi degli spazi cittadini, uno stile di vita più sano, sono solo alcuni dei motivi che hanno portato ad un incremento, soprattutto nelle grandi città, dell’uso della bici, come dimostrato in più occasioni da diverse statistiche.
Se aumentano le bici circolanti e diminuiscono le vendite a fronte di un aumento dei componenti, vuol dire che allora le persone preferiscono sistemare quelle che avevano in soffitta o in cantina piuttosto che comprarne di nuove. E’ il fenomeno delle “Bic“, bici in cantina: sono addirittura oltre 32 milioni, nelle stime di Ancma e danno lavoro alle 2700 ciclofficine italiane.
In occasione della presentazione dei dati, Corrado Capelli, Presidente di Confindustria ANCMA, ha avuto modo di porre l’accento anche sulla necessità di sviluppare e curare la componente turistica legata alla bicicletta, portando l’esempio della Germania, in cui esistono 7 milioni di cicloturisti che spendono mediamente 1.200 euro l’anno, generando un fatturato di 9 miliardi di euro. In questo caso viene toccato un altro aspetto importante del potenziale economico legato al mondo della bici: turismo e promozione del territorio. La bici è un ottimo mezzo per conoscere e visitare. E’ anche, il ciclismo, una delle maggiori leve del turismo sportivo, dopo gli sport acquatici, sci, trekking e montagna. Si programmano viaggi per disputare granfondo, battere piste di mtb, conoscere una natura (si spera) incontaminata. Più il territorio sarà in grado di sviluppare un’attitudine a questo sport, maggiore sarà la capacità di attrazione. Anche in questo caso i negozi di settore diventano il primo presidio su cui costruire una strategia vincente. Ed anche in questo caso l’attività principale non sarà la vendita ma ”tutto il resto”, patrimonio prima di tutto dei dealer specializzati che detengono ancora il primato sia in termini numerici che di fatturato.
A me sembra che dietro tutti questi dati ci sia una logica; non coglierla vuol dire non aver capito che il “mondo sta cambiando” e destinarsi ad essere travolti dagli eventi.
@Antonio_Ungaro